Roma 19 aprile 2013
Nella nostra letteratura e maggiormente in certi periodi storici ci sono dei momenti nei quali una spinta originaria sembra esaurirsi e fermarsi dopo l’inizio, come ce ne sono altri nei quali le opere si limitano e si consumano in loro stesse.
La scoperta e la conseguente ricerca degli effetti comici, il bisogno di continuare e di sviluppare la tradizione buffonesca o burlesca si innesta nella poesia dialettale.
Come abbiamo letto nel post precedente, in Giulio Cesare cortese, una coscienza orgogliosa e quasi una sfida in difesa della lingua napoletana, quella stessa che sarà poi continuata dal Basile e dal Sarnelli nella prosa.
Questa scelta unisce insieme le glorie e i diritti del dialetto con i motivi di un realismo popolare.
il cortese nel 1621 pubblica il Viaggio di Parnaso poema in sette canti in ottave dove si mescolano motivi critici ben precisi come la difesa della lingua napoletana con spunti autobiografici, fiabe e racconti popolari in una trama filamentosa che il Croce ha definito degno dell’umorismo romantico.
L’eroicomico nei poeti, in special modo in quelli napoletani, nasce da un bisogno di conciliare la dignità letteraria e le possibilità del nuovo strumento linguistico attraverso soggetti e temi legati al mondo del dialetto.
A domani
LL