365 giorni, Libroarbitrio

“Di vetro son fatti” Giovanni Boccaccio

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William Turner  – Sunset over a lake

Vetro son fatti i fiumi, e i ruscelli
gli serra di fuor ora la freddura;
vestiti son i monti e la pianura
di bianca neve e nudi gli arbuscelli,
l’erbette morte, e non cantan gli uccelli
per la stagion contraria a lor natura;
Borea soffia, ed ogni creatura
sta chiusa per lo freddo ne’ sua ostelli.
Ed io, dolente, solo ardo ed incendo
in tanto foco, che quel di Vulcano
a rispetto non è una favilla;
e giorno e notte chiero, a giunta mano,
alquanto d’acqua al mio Signor, piangendo,
né ne posso impetrar sol una stilla.

365 giorni, Libroarbitrio

Fra cronaca e favola: la costruzione del Decameron II

Roma 22 febbraio 2013

La cornice del Decameron

Tre giovani e sette fanciulle, che si ritrovano nella chiesa di S.Maria Novella, decidono di sfuggire agli orrori della peste scoppiata a Firenze il 1348, rifugiandosi sui colli di Fiesole. I loro nomi riprendono in gran parte quelli della precedente narrativa boccaccesca (Fiammetta, Panfilo, Filomena, Emilia) e riflettono simbolicamente la varietà della loro figura  umana, che si rivela nel comportamento e talora nella scelta delle novelle che alternativamente raccontano. Lo svago che occupa quasi completamente le giornate dei nobili giovani è appunto quello di raccontare novelle, ma fra l’una e l’altra c’è l’intermezzo di un canto, e alla fine della giornata si danza e si canta. Non mancava l’osservanza delle pratiche religiose, per le quali viene sospeso il venerdì e il sabato il piacere del favoleggiare. Ogni giorno viene eletto un re o una regina come guida, la quale ha il compito di imporre un tema e di sollecitare i giovani ad illustrato mediante una novella. La prima e la nona giornata e le novelle raccontate in ogni giornata da Dioneo, il più spregiudicato della brigata, si sottraggono all’osservanza del tema, e cioè attribuisce un margine di elasticità allo schema, che  si aggiunge a quella ricerca di varietà che tutta l’opera sostanzialmente persegue.

Ma Boccaccio si adoperava per fare della novella un lavoro altamente impegnato sul piano letterario, oltre a ricalcare gli autorevoli modelli del genere, perché concepiva la successione delle cento novelle in un ordine particolare che conferiva all’opera un senso ben più complesso dell’intrattenimento piacevole e dell’evasione.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Fra cronaca e favola: la costruzione del Decameron

Roma 21 febbraio 2012

Il genere della novella

La disposizione del Boccaccio al racconto, che si era manifestata nelle forme  del romanzo cortese, del poema epico e dell’idillio bucolico, sfociò qualche anno dopo il suo ritorno a Firenze in un grande impegno narrativo. Tale è il Decameron, il cui titolo grecizzante designa un’opera compiuta in dieci giorni, quanti ne impiega una brigata di giovani per raccontare cento novelle. La nuova opera, che non era un romanzo, ma una raccolta di novelle, valorizzava un genere minore rispetto alla più tipica narrativa cortese ed all’epica classica e medievale. Il genere della novella aveva trovato tuttavia notevole fortuna nell’uso della conversazione e dell’intrattenimento piacevole presso le corti signorili e nei ritrovi del mondo borghese, come nella pratica della predicazione, che accoglieva sempre più largamente l’esempio favolistico e quello storico o aneddotico per rendere persuasivo l’insegnamento morale. Alcuni autorevoli modelli, come  le Metamorfosi  di Apuleio, un romanzo in prosa  della tarda latinità  che Boccaccio  conobbe  e apprezzò, la tradizione novellistica orientale confluita  nelle Mille  e una notte, assai diffusa nel Medioevo, inserivano le novelle in uno schema particolare, attribuendo loro la funzione di pausa distensiva e piacevole su uno sfondo tragico che si trasformava in un pretesto.

A domani

LL