Roma 22 febbraio 2013
La cornice del Decameron
Tre giovani e sette fanciulle, che si ritrovano nella chiesa di S.Maria Novella, decidono di sfuggire agli orrori della peste scoppiata a Firenze il 1348, rifugiandosi sui colli di Fiesole. I loro nomi riprendono in gran parte quelli della precedente narrativa boccaccesca (Fiammetta, Panfilo, Filomena, Emilia) e riflettono simbolicamente la varietà della loro figura umana, che si rivela nel comportamento e talora nella scelta delle novelle che alternativamente raccontano. Lo svago che occupa quasi completamente le giornate dei nobili giovani è appunto quello di raccontare novelle, ma fra l’una e l’altra c’è l’intermezzo di un canto, e alla fine della giornata si danza e si canta. Non mancava l’osservanza delle pratiche religiose, per le quali viene sospeso il venerdì e il sabato il piacere del favoleggiare. Ogni giorno viene eletto un re o una regina come guida, la quale ha il compito di imporre un tema e di sollecitare i giovani ad illustrato mediante una novella. La prima e la nona giornata e le novelle raccontate in ogni giornata da Dioneo, il più spregiudicato della brigata, si sottraggono all’osservanza del tema, e cioè attribuisce un margine di elasticità allo schema, che si aggiunge a quella ricerca di varietà che tutta l’opera sostanzialmente persegue.
Ma Boccaccio si adoperava per fare della novella un lavoro altamente impegnato sul piano letterario, oltre a ricalcare gli autorevoli modelli del genere, perché concepiva la successione delle cento novelle in un ordine particolare che conferiva all’opera un senso ben più complesso dell’intrattenimento piacevole e dell’evasione.
A domani
LL
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