365 giorni, Libroarbitrio

SAVEBiennale – “BIENNALE D’ARTE CONTEMPORANEA PER UN NUOVO MONDO 2018 – SHAPED BY TIME – ABRUZZO MEETS SCOZIA / Forgiato dal tempo – L’Abruzzo incontra la Scozia” MUSEO D’ARTE MODERNA VITTORIA COLONNA di PESCARA – Artista e Direttore Artistico del progetto DAVIDE COCOZZA

 

 

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#SHAPED BY TIME – ABRUZZO MEETS SCOZIA / Forgiato dal tempo – L’Abruzzo incontra la Scozia – Mostra Fotografica a cura di Fortunato Gatto e Alessandro Petrini

Periodo espositivo 3 MARZO – 20 MARZO 2018 presso il Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara.

INAUGURAZIONE: Sabato 3 marzo 2018, ore 18,00, sala Convegni – Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara – VERNISSAGE delle mostre.

Altri EVENTI IN AGENDA:

10 MARZO, ore 18,00, sala Convegni (del Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara) – presentazione del libro Limarubra di Fabio Masci a cura della Consulta Provinciale degli Studenti di Pescara con il suo Presidente Valentino Sticchiotti e con la partecipazione di altri studenti e il saggista Giacomo D’Angelo;

17 MARZO, ore 18,00, sala Convegni (del Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara) – “Meraviglie di Natura – Dalla Scozia all’Abruzzo”, a cura di Alessandro Petrini, con la partecipazione della Presidentessa dell’Associazione Eremo Dannunziano Nicoletta Di Gregorio e con le letture di Daniela Quieti, Vittorina Castellano e chiusura dei lavori a cura delle Associazioni Promotrici del progetto.

LA MANIFESTAZIONE:

“Savebiennale d’arte contemporanea per un nuovo mondo” e “Shaped by time – Abruzzo meets Scozia / Forgiato dal tempo – L’Abruzzo incontra la Scozia” sono rispettivamente due mostre: l’una d’arte contemporanea e l’altra fotografica, entrambe inedite e alla loro prima edizione.

La manifestazione, un progetto gratuito, voluta intensamente dagli organizzatori, Giovanni Di Iacovo (Assessorato alla cultura della città di Pescara), Giancarlo Sagazio (Presidente Nucleo Volontario e Protezione Civile A.N.F.I. – Pescara); Gregorio Totaro (Presidente di Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia – Pescara); Fondazione Pescarabruzzo; Greta Massimi (Produttore esecutivo della manifestazione); Davide Cocozza (artista e Direttore Artistico SAVEBiennale D’Arte Contemporanea per un Nuovo Mondo) e con il patrocinio della Provincia di Pescara, ha visto la partecipazione di professionisti internazionali, nazionali e del territorio abruzzese, appartenenti ai vari ambiti dell’ambito artistico e fotografico.

La mostra fotografica ci porterà in «un viaggio che varca le soglie del castello alla ricerca di uno scrigno contenente le immagini che legano emozionalmente due territori, Scozia e Abruzzo. Confini e distanze fisiche vengono abbattuti per mostrare un paesaggio forte, custode di una Natura, nella sua essenza, variopinta e sublime. Una storia che si dipana dalle forme e dai colori di due terre lontane in un percorso coerente che trasporterà gli occhi del visitatore in un universo unico e coinvolgente».
Una mostra inedita la cui realizzazione la si deve ai fotografi Fortunato Gatto, professionista del settore che ha ricevuto numerosi riconoscimenti nei più prestigiosi concorsi di Fotografia naturalistica del mondo. Ad oggi, è tra i paesaggisti Europei più titolati e può vantare anche numerose pubblicazioni su magazines italiani e internazionali e Alessandro Petrini, fotografo e filmmaker professionista dal 2003. È uno dei migliori time-lapser europei. Il suo timelapse “Twofold Nature – Abruzzo Sublime and Beautiful” uscito a fine 2014, è stato pubblicato dal National Geographic, dalla Nikon, dal sito del Ministero del turismo, da Landscape Photography Magazine ed è stato finalista al Views of the World Film Festival di Montreal.

Con #SAVEBIENNALE invece saranno protagoniste
PITTURA-SCULTURA-INSTALLAZIONI-FOTOGRAFIA-VIDEOARTE-PERFOMANCE E MOLTO ALTRO …

***con la straordinaria partecipazione dell’ARTISTA FRANCO SUMMA

***ELENCO ARTISTI SAVEBIENNALE

Michelangelo Prencipe (Pittura)
Armando Di Nunzio (Scultura)
Camilla Cattabriga (Fotografia)
Daniele Guerrieri (Scultura)
Marzio Santoro (VideoArte)
Natalia D’Avena (Pittura)
Antonia Buffi (Pittura)
Susana Ljuljanovic (Pittura)
Roger Angeles (Illustrazione)
Nicolo’ Colombaro (Illustrazione)
Collettivo Pentagoni – Lorenzo Anfora – Maura Prosperi – Alice Colacione – Paolo Vitale – Tiziano Conte – Laura Cattafi – iEleonora Bona – Agnese Cipro
Sisto Righi (Scultura)
Walter Zuccarini (Scultura)
Enrico Miglio (Installazione)
Antonio Sorace (Scultura)
Rocco Lancia (Pittura)
Luisa Nieddu (Installazione)
Davide Civitarese – Davio (Street Art)
Pasquale Tarullo (Illustrazione)
Francesco Sebastiano Spinazza (Performance)
Chiara Luna Colombaro (Pittura)
Emilio Patrizi (Pittura)
Davide Cocozza (Pittura – Action Painting)
Tila Lara (Fotografia)
Rossella Caldarale (Fotografia)
Gio Montez (Installazione)
Ai Hashimoto (Arte Orafa)
Sonoko Horiike (Pittura – Fotografia)
Stefano Carbonetti (Installazione)
Pino Valente (Pittura)
Alessandro D’Aquila (Pittura)
Francesco Nicastro (Scultura)
Luigi Franchi – ZINO (TapeArt)
Roberto Selvaggi (Illustrazione)
Valerio Raffa (Pittura)
Evandro Pierdomenico – Eu Andros (Fotografia)
Paola Ciccarini (Pittura)
Evangeline De Sosa (Arte Orafa)
Mara Patricelli (Fotografia)
Patricija Milos (Pittura)
Barbara Pelaschier Ratao (VideoArte)
Luca Pelusi (Fotografia)

Direzione Artistica
– Cura ed idea SAVEBIENNALE Davide Cocozza
– Progettazione ed organizzazione Greta Massimi
– Presidente Onorario SAVEBIENNALE Cesare Manzo
– Commissione Artistica SAVEBIENNALE: Maria Cristina Ricciardi, Andreina De Tomassi, Marco Vinicio Zonin, Iolanda Angelini, Antonio Zimarino

CONCEPT SAVEBIENNALE

Non credo che ci sia, oggi, un’altra maniera di salvarsi l’anima. Si salva l’uomo che supera il proprio egoismo d’individuo, di famiglia, di casta, e che libera la propria anima dall’idea di rassegnazione alla malvagità esistente. Cara Cristina, non bisogna essere ossessionati dall’idea di sicurezza, neppure della sicurezza delle proprie virtù: Vita spirituale e vita sicura, non stanno assieme. Per salvarsi bisogna rischiare. (Ignazio Silone)

***
Save
Save, significa Salvare.
Salvare significa continuare a far esistere.
Far esistere significa continuare a voler vedere, toccare, sentire qualcosa.
Proteggere, Godere, Vivere, quel qualcosa che in qualche modo, ci aiuta a vivere meglio, che i qualche modo
sicuramente, ci Salva,
oppure il contrario…

Davide Cocozza

L’auspicio sinestetico, l’indirizzarsi verso qualcosa, qualche parte, l’infusione dell’io, la fusione dell’essere, in questo/quanto da tenere, salvare, proteggere.

Così l’uomo prende, morde, graffia, scopre ed alza il tappeto per trovare la parte nascosta o protetta, da amare.
Save vuole imporre all’essere un auto lettura forte e coraggiosa, verso una conoscenza forte di un viaggio nel profondo,
alla ricerca della parte da Salvare, dell’oggetto da tenere, dell’ideale da portare, oltre se stesso nella proiezione di una feconda Terra in cui la memoria del futuro già prevede l’insostituibile valore.

L’oggetto diviene transizionale e la forma pervade lo spazio imponendosi nella mente come una musica, nel pensiero e nell’idea.
Come il gioco di un bambino, l’essere porterà con se la cosa giusta per tutti o il folle legame, esplosione emotiva, verità solo per se stesso? Ed ognuno ha il suo Dio che perdonerà l’azione, che concederà l’ultimo desiderio, forse un ultima sigaretta.

Si salva quello di cui si ha il necessario bisogno, di Salvare.
Quello che si lascia è una scenografia sfocata che sottolinea il gesto, il segno, il sogno; si salva lasciando, si lascia salvando.
Qui si compie il dramma della scelta, il distacco, il taglio, così la madre per salvare la sua creatura la toglie da se, la lascia andare, le vie si dividono, il legame emotivo fluido sternale rimane.
Il colpo cardiaco del Salvare ha un energia atomica capace di proiettare in avanti e tutto intorno l’essere che vede nell’oggetto salvato altro da se un punto di partenza per una nuova vita, un trampolino per una nuova umanità, un opportunità per un nuovo pianeta.

Oltre 40 ARTISTI Salveranno il Mondo, o meglio salveranno del Mondo, qualcosa in cui credono, a cui sono legati, che pensano sia indispensabile, cercando, nella loro personale visione, bruceranno le loro mani, addestreranno i loro occhi, scaveranno nella loro mente, lucida o meno, il percorso giusto, l’oggetto migliore, le parole indispensabili, la spada che ridia a questo nuovo Mondo la forza di spezzare e di tagliare con la vecchia Terra, il fuoco rubato alla conoscenza donerà loro lo sguardo e l’attenzione pronta per carpire estirpare e rapire la salvifica forma.

L’unica salvezza deve esser cercata nella fantasia. (Paul Scheerbart)

365 giorni, Libroarbitrio

I Lunedì di LuccAutori – La lezione di Yoga – Maria Giulia Benini

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Arrivò in anticipo di un quarto d’ora. La palestra era al piano terra di un palazzo di periferia. Sulle quattro vetrate si ripeteva una decalcomania inquietante: un essere umano attorcigliato in una contorsione innaturale.

“Sono ancora in tempo” pensò, “adesso vado via”.

Aveva appena ripreso in mano le chiavi dell’auto quando arrivò una tipa dall’aria sognante e con un pallino in fronte che le sorrise.

“Sei nuova, vero? Io mi chiamo Cecilia e sono l’insegnante di yoga. Vieni dentro che apriamo la palestra e ti mostro lo spogliatoio”.

Sospirò e si rassegnò, consolandosi al pensiero che in fondo era solo una lezione di prova.

La colpa era tutta di quella sua amica fanatica di discipline orientali: le aveva fatto una gran ramanzina ricordandole che a trentacinque anni una donna inizia ad invecchiare, che tutto il grasso accumulato non si elimina più e che l’equilibrio della mente e del corpo vanno di pari passo, blandendola infine con la promessa che un po’ di yoga le avrebbe fatto perdere i chili di troppo senza sudare.

Nel frattempo arrivavano gli altri allievi, perlopiù signore cinquantenni, un uomo dall’età indefinibile coi capelli bianchi ma l’aria giovanile, una ragazzina anoressica e poi, un tipo incredibilmente bello, con la faccia di Paul Newman e il fisico di Rudolph Nurejev, inguainato dentro una pantacalza-body aderentissima. Le parve dal modo in cui parlava che non fosse italiano.

L’insegnante le indicò lo spogliatoio femminile, dove le signore avevano iniziato a ciarlare mentre si svestivano.

Inorridì quando vide che tutte rimanevano a piedi nudi, ma fece finta di nulla e si tenne i calzini: dopo una giornata di lavoro i suoi piedi non erano certo fragranti.

Notò che le altre avevano body e tute aderenti. Lei invece aveva rispolverato una vecchia tuta a colori fluorescenti, con banda laterale sulle gambe e sulle braccia, comperata senza neanche provarla a una svendita di articoli sportivi; infatti era come minimo una taglia in più.

Intanto la palestra aveva preso vita.

Una musichetta di sottofondo sembrava prenderla in giro, con tamburelli e strumenti pizzicati, che evocavano leggerezza e agilità, cose che lei non possedeva nemmeno a sette anni.

Nurejev e gli altri erano già seduti a gambe incrociate sopra tappetini dall’aspetto gommoso e fissavano il vuoto davanti a loro.

Starnutì quattro volte di seguito a causa di un odore pungente che le ricordò le canne che si facevano i suoi compagni del liceo, quando vide che la maestra stava accendendo dei bastoncini di incenso negli angoli della stanza.

Qualcuno le disse di sedersi come gli altri.

“Togliti i calzini” le sibilò la sua vicina di posto, ma fece finta di non sentire. Aveva già difficoltà a incrociare le gambe senza sentire un dolore maledetto alle ginocchia.

“Ora, nella posizione del loto, come ringraziamento per quello che stiamo per fare, canteremo l’Om”, fece l’insegnante.

“Inspirate, poi espirate, e…. Oooooooooommmmmmmmm”.

Un coro di voci gravi, acute e stonate riempì la stanza.

Improvvisamente sentì un prurito pungerle la gola. Le capitava sempre così nelle situazioni che trovava ridicole: diventava paonazza finchè non scoppiava a ridere sguaiatamente.

L’insegnante prese il suo rossore per imbarazzo.

“Non devi vergognarti di cantare con noi, vedrai che dopo le prime volte ti verrà naturale. Senti l’energia che si sprigiona dalle nostre voci? La puoi percepire intorno a te!”

Tenendo gli occhi chiusi, mentre quel suono continuava, cercava di pensare a qualcosa di serio o di triste: le tasse, il giorno del funerale della nonna, la bocciatura in quarta ginnasio,  i pantaloni taglia quarantotto che non si chiudevano più…

Poi tirò un gran sospiro e l’attacco di ridarella passò.

I primi venti minuti scivolarono via veloci, con una serie di respirazioni e movimenti rilassanti, e stava già esultando, convinta che lo yoga fosse proprio la disciplina che faceva per lei, quando i nodi vennero al pettine.

L’insegnante pronunciò un nome irripetibile, e tutti si capovolsero a testa in giù, con la fronte appoggiata sul pavimento e le gambe per aria. Alcuni lo facevano in mezzo alla stanza, altri appoggiati alla parete o appesi alle spalliere con delle cinghie, come grossi pipistrelli.

Lei rimase immobile, pensando a un modo per fuggire.

Sentì un tocco leggero sulle spalle.

“Adesso anche tu provi. Io aiuto te”.

Era Newman-Nurejiev, scultoreo nella sua pantacalza, che le sorrideva cameratesco. I suoi muscoli erano tonici,  vedeva nitidamente i bicipiti che erano proprio all’altezza dei suoi occhi, e aveva un buon odore, forte e selvatico, che le ricordò il muschio.

“No grazie, è la prima volta per me e del resto io ho il terrore di stare a testa in giù, e questa poi è solo una lezione di prova….”

“Tu no avere paura, io tengo stretta, Cecilia fa sempre aiutare principianti perchè io più forza per tenere strette persone pesanti”.

“Non fa una piega” pensò “Mi ha appena dato dell’obesa”.

“Ora metti gomiti appoggiati a terra e fronte in mezzo a mani intrecciate. Io sollevo”.

Fece come le diceva e non ebbe il tempo di pensare che si sentì agguantare per le natiche e dopo un capogiro folle si rese conto di essere a testa in giù, con il nerboruto che la teneva per le gambe.

Le guance le bruciavano e sentiva chiaramente l’odore dei piedi di Nurejev, che le ricordarono immediatamente il provolone piccante; una fila di facce, quelle di tutti gli altri capovolti come lei, la fissava sorridendo.

Respirò, cercando punti di riferimento nello spazio sottosopra.

Poi, improvvisamente, la tragedia.

Il suo intestino, da trentasette anni abituato ad una sistemazione comoda e stabile all’interno di quella pancetta, ebbe forse paura  di perdere il posto.

E infatti si ribellò, ribollì, cercò di lottare con la gravità, ma non ci fu nulla da fare, perchè quando lei si accorse di cosa stava per accadere era già troppo tardi.

Fu come un barrito, anzi un coro di barriti, il rumore dell’enorme peto che scaturì da quelle povere viscere capovolte.

Inutile dire che tutti ne furono attoniti, e più che imbarazzati stupiti, ma quello che accusò lo sgomento maggiore fu proprio Nurejiev, che dallo spavento fece un balzo indietro, dimenticando che la poveretta si reggeva dritta solo grazie al suo sostegno.

Un’altro capogiro e piombò sul pavimento battendo forte le ginocchia.

Pensò prima che avrebbe voluto morire, poi, dato che questa non era una possibilità concreta, decise di svenire. E non ci fu verso di farle aprire gli occhi.

Rimase impassibile agli schiaffetti, agli schiaffoni, alle spruzzatine e alle bicchierate d’acqua.

Alla fine chiamarono un’ambulanza.

La caricarono in barella che non dava segno di vita, e si guardava bene dal farlo.

Sentì le voci preoccupate di Nurejiev e della maestra che chiedevano ai barellieri le indicazioni per raggiungere l’ospedale, poi le portiere si chiusero e la sirena iniziò ad urlare.

 

***

 

Accese un bastoncino di incenso, tirò le tende per schermare il rosso violento del tramonto che invadeva la stanza da letto e si sistemò sulla stuoia nella posizione del loto.

C’era una calma perfetta. Bussarono piano.

“Non disturbo te se faccio yoga anch’io?”

Era vergognosamente bello anche in pantaloncini e canottiera, sensuale e selvaggio come quel primo giorno che l’aveva visto.

“Ma no Rudy, entra”.

Dopo un anno le era ancora difficile pensare senza imbarazzo a quell’incidente che aveva portato importanti novità nella sua vita.

Lo guardò mentre silenzioso come un felino, con pochi gesti aggraziati appoggiava la fronte sul pavimento e si  capovolgeva nella posizione sulla testa. Ci sarebbe rimasto come minimo venti minuti.

Giunse le mani davanti al petto, chiuse gli occhi e assaporò il profumo della felicità, fatto di muschio selvatico, incenso e provolone piccante.

Racconto “La lezione di Yoga” scritto da Maria Giulia Benini
scelto da DuediRipicca
per la rubrica “I Lunedì di LuccAutori”

Opera pittorica – Lasciati andare, ridi – Davide Cocozza

Potete acquistare il volume dei racconti vincitori del Premio
“Racconti nella Rete 2016” edito da Nottetempo, a cura di Demetrio Brandi, in tutte le librerie a distribuzione nazionale oppure on line al link di seguito:

http://www.edizioninottetempo.it/it/prodotto/racconti-nella-rete-2016

365 giorni, Libroarbitrio

L’ASFALTO CORRE SVELTO SOTTO I PIEDI – Gianluca Pavia

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L’asfalto corre svelto sotto i piedi
cambiano gli alberghi
tutti diversi
tutti con gli stessi orologi alle pareti
cambia il mio volto
riflesso negli specchi
cambia il naso
cambiano i capelli
e penso alla vita
come a una partita quotata
un’incognita
e la fissa,
penso che non sia un caso
se il Caso
ha estratto i nostri numeri
penso a quando
non voglio pensare
e voi mi tirate su
non come Cristo in croce
ma come un pugile malconcio
che ha perso ai punti
ma ha ancora un round
un ultimo round
per sputare
sangue.

Gianluca Pavia
DuediRipicca