365 giorni, Libroarbitrio

Poesia come “favola”

Roma 26 febbraio 2013

Genealogiae

Le Genealogiae del Boccaccio hanno il merito di aver affrontato negli ultimi due libri la difesa della poesia , organizzando gran parte degli argomenti già presenti nella polemica culturale nel Petrarca, e che saranno il punto di forza della concezione umanistica  della poesia come eccellente valore umano e suprema fra le produzioni dell’arte. Il Boccaccio predilige una concezione della poesia come ” favola “, ossia come immaginazione, finzione, che diventa parola e si organizza mediante un’estrema elaborazione retorica, come il mito antico, che è narrazione densa di significati  e naturalistici e morali. Pertanto anche Dante rappresenta per Boccaccio il grande poeta dell’età moderna, costruttore di finzioni cariche di verità.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

La figura Allegorica

Roma 12 febbraio 2013 

La Filosofia

Con la canzone Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete il poeta Dante Alighieri si rivolge alle intelligenze del terzo cielo, di venere, per confessare l’intima battaglia fra il primo e il secondo amore (una battaglia che drammatizza la vicenda seguita alla morte di Beatrice e narrata nel libello giovanile). La battaglia viene spiegata come l’insorgere di un amore diverso, per una figura allegorica, la filosofia, che ora assorbe tutto l’impegno spirituale del poeta. Di qui la necessità di chiarire” il metodo della lettura allegorica”, che dante trae dalla tradizione esegetica dei testi biblici e dei testi mitologici della classicità. Tale lettura viene ridotta a quattro tipi fondamentali, a seconda dei sensi contenuti nel testo:

il senso letterale, che appare alla superficie delle scritture;

l’allegorico propriamente detto, contenuto anche nei miti classici, e riguardante le verità di ordine filosofico nascoste sotto il velo del racconto;

il senso morale,che si ricava dalle intenzioni edificanti di un testo, come in certi racconti esemplari e in certe parabole evangeliche;

il senso anagogico, che appartiene propriamente ai testi della rivelazione  e nasconde sotto veli storici verità sopracelesti;

gli argomenti scientifici che Dante ha modo di esporre prendendo spunto dalla canzone riguardano soprattutto l’ordine del mondo visibile, perché su di esso ha competenza la scienza filosofica, e questa riconosce i suoi maestri  nei sapienti  dell’antichità, soprattutto in Aristotele, e nei suoi commentatori scolastici. Così a proposito di “cielo” Dante espone la teoria cosmologica dei dieci cieli comparando ciascun cielo alle arti e alle scienze coltivate dall’uomo: le sette arti liberali, più la fisica e la metafisica, l’etica e le scienze divine. Ma la “filosofia” tendeva ad assumere per Dante un ambito più vasto, tendeva cioè ad includere l’ordine delle cose sovrasensibili e quindi a diventare difficilmente comprensibile con gli strumenti a disposizione dell’uomo. Ciò si riflette da una canzone originariamente concepita come allegorica Amor che ne la mente mi ragiona verso l’esaltazione di  una donna gentile dotata di bellezza sovrumana, di fronte alla quale il poeta non può che riconoscere il proprio limite. La difficoltà di sciogliere alcuni più  sottili problemi di ordine filosofico, la difficoltà della filosofia quando affronta più alti veri, si traduce allegoricamente nella figurazione di una donna orgogliosa e irraggiungibile, ed è il problema stesso dei limiti umani di fronte alla verità.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Le Rime “petrose”: metro della sestina

Roma 11 febbraio 2013

La cosiddetta poesia realistica

Le Rime di Dante, a parte quelle composte al tempo della Vita Nova su temi d’amore e di cortesia, furono composte nell’arco di tempo che va dalla conclusione dell’operetta giovanile agli anni dell’esilio. La tenzone con Forese della quale sembra che il poeta volesse far ammenda nel Purgatorio quando vi alluse con vergogna, sottolineando il mutuo affetto che lo legava all’amico morto, esce totalmente dal clima della lirica d’amore e si allinea col genere dell’invettiva. E tuttavia i toni volgari e offensivi possono essere ridimensionati alla luce della consuetudine dei circoli letterari dell’epoca, in cui anche questo esercizio rispondeva all’interesse per l’affinamento dei vari livelli retorici.

Ad un raffinato impegno retorico rispondeva d’altro canto la serie delle quattro canzoni per la donna Pietra, le rime “petrose”, che si conformavano stilisticamente al tema di un amore difficile e carico di passione, mediante la durezza delle rime, la difficoltà del dettato e l’artificiosità metrica. Dante intendeva recuperare il modello provenzale di Arnaut Daniel, il “maggior fabbro del parlar materno”, come lo definirà nel Purgatorio, ammirato quindi appunto per l’eccellenza dell’artificio e il livello sublime dello stile. L’emulazione dell’illustre modello induceva Dante a complicare nella canzone Io son venuto al punto della rota il metro della sestina (serie di strofe di sei versi ciascuna, che ripetono secondo un determinato sistema le medesime rime fino ad esaurire tutte le combinazioni ) con la sestina doppia che complica il sistema moltiplicando le combinazioni. Così come nella più importante di queste rime, Così nel mio parlar voglio esser aspro, l’uso dello stile “aspro” diventa una sottile applicazione del principio retorico della convenienza fra forma e contenuto tematico.

A domani

LL