365 giorni, Libroarbitrio

La scrittura privata: Virginia Woolf attendendo il Diario di una scrittrice (seconda parte)

Roma 23 ottobre 2013

Diario di una scrittrice

Virginia Woolf (2)

“un buon esercizio”

Moltissimi scrittori, artisti, letterati, hanno scritto diari durante la loro vita: alcuni già con lo scopo di pubblicarli, altri come forma di comunicazione con se stessi, come mezzo di riflessione e introspezione .

Tra questi ultimi Virginia Woolf.

La grande scrittrice inglese ha lasciato 26 quaderni manoscritti, centinaia e centinaia di pagine di diario, riguardanti la sua vita personale dal 1915 al 1941, fino a quattro giorni prima del suo tragico suicidio.

Lei stessa ebbe modo di scrivere: “Se morissi che ne farebbe Leo? Bruciarli gli spiacerebbe, e non potrebbe pubblicarli. Be’ ne ricavi un libro e bruci il resto”.

E a dodici anni dalla morte di Virginia, il marito, Leonard Woolf, nel 1953 pubblicò appunto il Diario di una scrittrice, scegliendo le pagine che gli erano sembrate più interessanti.

Il diario è un documento umano ricchissimo ed efficace sia nelle pagine di introspezione, sia in quelle della rappresentazione dei luoghi e delle persone amati dalla scrittrice.

E’ anche interessante per l’uso che la scrittrice ne fece come “ laboratorio di scrittura” e come mezzo per mettere alla prova continuamente le proprie capacità tecniche.

La rilettura periodica dei quaderni fu poi giudicata dalla Woolf un necessario strumento di autocritica, con il quale le diveniva possibile giudicare il suo modo di scrivere.

Di seguito alcune righe del suo diario inerenti proprio a questo aspetto ovvero il suo essere uno strumento di dialogo critico dell’artista con se stessa:

 

“Lunedì, 2o gennaio 1919

 Mi propongo di ricopiare tutto questo quando potrò comperare un quaderno ; ometto quindi gli ornati che convengono all’anno nuovo. Non è il denaro che mi manca questa volta, ma la forza, dopo quindici giorni a letto, di fare il tragitto sino a Fleet Street. Sento persino i muscoli della mano destra come devono sentirli le domestiche. Abbastanza curiosamente, provo lo stesso impaccio nel manipolare periodi, benché a rigor di logica, dovrei essere meglio attrezzata, mentalmente, di quanto non lo fossi un mese fa.”

Buona lettura

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Tutto inizia e finisce con il Circo VI

Roma 6 gennaio 2o13

Il  giullare quindi funge da gazzetta, oltre che da grezzo contenitore del sapere orale dell’epoca, nonché infine da depositario di quell’insieme di miti e leggende che sono alla radice della memoria collettiva di ogni popolo e in cui si rispecchia la coscienza della propria identità. Si può dunque dire che il giullare era un mezzo di comunicazione di massa ante litteram, svolgeva cioè le funzioni che oggi svolgono la radio, la televisione, i giornali, fornendo evasione, divertimento e conoscenza; così i testi giunti a noi  per esempio raccontano, attraverso i cantori che nel 1373 percorrevano le strade di Venezia, le notizie riguardanti la guerra tra Venezia e Padova (Ugolini 1933).

Pompeo Molmenti (1910) così cita :

  ” Per le vie si ripetevano liberi sonetti satireggianti la nobiltà, si ascoltavano poesie intorno a guerre e avvenimenti politici, come quando nel 1373 la Repubblica era in guerra con il signore di Podova e per le strade di Venezia le popolane che andavano ad putheum pro auriendo aquam , per unum pecium ad audiendum canere  unam cancionem facta de novo de paduanis “. 

Il giullare inoltre rappresenta in buona misura il polo laico della cultura del suo tempo, ponendosi come contraltare alla figura del chierico. Infine funge da elemento catalizzatore per la formazione di una lingua, di una cultura e di una coscienza nazionale comune. Si sottolinea quanto profondamente doveva agire nell’inconscio popolare l’effetto delle parole del giullare, il quale rappresentava un modello da imitare dal punto di vista linguistico, infatti, insieme al prete, egli era spesso l’unica autorità culturale con cui confrontarsi nella quotidianità, possiamo immaginare che anche quando il giullare scendeva dal palco e si sedeva a tavola con i suoi ospiti non cessasse affatto la sua opera di istruzione e di informazione. Benché già nel 1914 Ezio Levi avesse affermato: “Solo i giullari durante parecchi secoli furono la letteratura italiana”, purtroppo, ad oggi il contributo dei giullari all’elaborazione della nostra lingua deve  ancora essere messo in rilievo dalla critica letteraria.

Con questo pensiero Di Levi chiudo questa settimana di studio della letteratura giullaresca, una chiusura tra virgolette perché per un cantastorie non ci sono porte da chiudere.

Quindi a domani

LL