“Da bambini ci insegnano che dal dolore bisogna stare alla larga, ma quello che non ci insegnano è che il fallimento non toglie la vita, anzi, la arricchisce, perché è proprio il fallimento a mostrarci cosa non funziona e a dirci in cosa correggere il tiro per fare meglio.
L’alternativa sana quindi è la pratica di una virtù nobile: il Coraggio.
Vulnerabilità e Coraggio camminano insieme, una non può esprimersi senza l’altra perché sono composti dagli stessi ingredienti: una buona dose di incertezza, rischio ed un bel carico emotivo.”
“…vivere è proprio un lavoro.” Così recita una delle poesie di Lié Larousse che è una donna che ama, come lei stessa ci confessa, e proprio per questo è una donna che Vive. Con questa raccolta ci fa affacciare sulla sua vita, anzi, sulle sue vite che si mischiano inevitabilmente con quelle degli altri “scapigliati”, distratti, di fretta, alcuni innamorati e bellissimi. La vita è dolorosa e il “tempo è bastardo”, ma in tutto ciò giace una profonda dolcezza che la poetessa sa ritrarre alla perfezione nelle immagini quotidiane e intime che regala ai lettori, come la pennellata d’acquerello della bimba dai capelli rossi o il sughettofinto del Nonno. Lié lo sa che “.è la vita, si muore.” e, forse, proprio in questo nostro essere “un attimo” si cela tutta la nostra eternità. Ci vuole davvero tanto amore per scrivere versi come questi, per riuscire a cogliere tutta la poesia che divampa dai bar di periferia ad una Nonnina che chiacchiera “di tempo al tempo”. L’amore è la forza segreta che tutto muove: delusioni e gioie, soprattutto quelle, e in quanto tale va difeso. Mai farsi rubare l’amore, mai. Forse è proprio questo il messaggio più potente che sprigionano queste pagine, quasi accecandoci, lasciandoci senza fiato, inebetiti di fronte a tanta “semplice” verità. La vita ci porta spesso a navigare mari in tempesta, così scuri e grandi da farci credere che tutto sia ormai perduto, che la rotta sia introvabile, ma è proprio allora che dobbiamo scrivere più forte, amare più forte e vivere più forte, che penso di non sbagliare nel definire sinonimi. Vivere è, dunque, sbagliare, ridursi in pezzi, frantumarsi il cuore, per poi scoprirsi dolcissime “Sìbellule” pronte ad amare e ad amarsi perché non dobbiamo “lasciarci al caso”, ma reinventarci per noi e per chi amiamo. Ecco, c’è tutto questo e molto di più nelle poesie di Lié: c’è la Vita. La Vita comunque.
di Martina Benigni
Martina Benigni è attualmente una studentessa della Magistrale in Lingue e Civiltà Orientali, presso La Sapienza di Roma, città dove è nata e cresciuta. Dopo la laurea triennale decide di recarsi in Cina, a Pechino, per approfondire la lingua, innamorandosene ancor di più, grazie alla bellezza della cultura, dei luoghi e delle persone conosciute durante quei tre mesi di studio e scoperta. L’amore per la letteratura comincia in tenera età, fra i banchi di scuola: da sempre avida lettrice, scopre molto presto anche la bellezza della poesia che diventa una sorta di bussola nella vita di tutti i giorni. Il sogno è quello di scrivere e viaggiare, che sono un po’ la stessa cosa, e di riuscire a tornare presto nella sua amata Cina. Da dicembre terrà una sua rubrica letteraria sul sito e blog http://www.libroarbitrio.com
Vigliacchi e pagliacci
continuano a farsi la guerra
un vecchio gioco che ci costa
le ali e la pelle.
I nemici dei miei nemici
non hanno le palle,
sono amici
che si scambiano favori
mazzette
e parole d’onore
mentre noi mangiamo polvere
e beviamo pioggia,
piangiamo cera
e paghiamo cara
ogni loro voglia
da carogna con le doglie.
Eppure
rimaniamo attaccati alla vita
con gli artigli
come una palma nel deserto
un pesce nella boccia,
saranno pure il terrore
ma noi
abbiamo il coraggio.
.indossiamo cappotti in piena estate
di pelle dura ed ossa ancora intere
e ci ripariamo per bene, dentro,
e quel freddo sulla pelle
il morsicarci i denti
non s’attenua certo
ma stai pur certo
che nessuno lo può vedere
chiudi gli occhi un momento
un momento solo
e dimmi se adesso
non stai pensando che
abbiamo tutti ciò che meritiamo
e se non lo meritiamo
bé
o abbiamo mancato di coraggio
quello vero
o ne abbiamo avuto fin troppo
Signori Bambini
Specchiatevi Qui
Lo Studio Del Non Più Carcerato
Con Scheletri Di Ranocchiole
Esploravo Sotto Casa
Nel Sottoscala
Una Natura Selvaggia
Anticorpi
Per Il Mal Di Fondo
Il Giro Del Mondo
In Due Anime
La Mia
La Tua
La Grande Scoperta
Fuori Per Buona Condotta
Non Ci Sono Finestre
Solo Un Grande Oblò
Solo A Darsi Luce
Sentinelle Le Stelle
Sciami Di Lucciole
Brillanti
Nugoli Di Fiamme
Scintille Di Cielo
Quando Diventa Notte
Diventa Taciturno
Tenebroso Indescrivibile
Metafisico Metanfetaminico
Scendi Uno Scalino
Che Nella Mia Mente Non C’è
Né L’Isola Né La Sintesi
Rifletti
Cercano Di Fuggire
– chi?
– come chi? le ranocchiole!
E’ Auspicabile Questo Scritto
Non Ha Senso
E’ Concreta L’Esigenza
Non Ne Deve Avere
Ho Rapito Il Mio Cervello
Catramoso Ha La Voce Roca
Spettinati Pallidi Capelli
Lunghi Fin Su Le Spalle
Voleva Rallentarmi
Farmi Inciampare
Io Voglio Solo Fare Origami
Fra Cannibali E Avvoltoi E Capitalisti
E Poi Qui Sotto Sotto Al Sottoscala
Sono A Caccia
Del Bambino Vispo Che Come Me Fa Origami
Ma Di Quiete Nella Tempesta
La Realtà Enigmatica E’ Come Appare
Finzione Quotidiana
E La Vita E’ Vizio
Starla A Vivere Un’Ossessione – ma le ranocchiole che fine hanno fatto?
– come ? Che non l’hai visto? le ha rapite il mio cervello!
Lucciola, apro la mano
a me rimanga il folle
fosforo nelle vene
a te caldo un barlume
di proteggente culla.
C’è un corpo in poltiglia
con crespe di faccia, affiorate
sul lezzo dell’aria sbranata.
Frode la terra.
Forsennato non piango:
affar di chi può e del fango.
Dell’ingenua ma ragionevole fiducia nella dignità umana.
Chi di noi non è un commediante?
Chi potrebbe negare che la vita quotidiana di ciascuno sia un mix inestricabile di recita e autenticità, di messinscena e adesione sincera alle cose?
Il punto è un altro.
Quando è caduto il velo dell’impostura cosa è rimasto?
Se io fossi un angelo
chissà cosa farei
alto, biondo, invisibile
che bello che sarei
e che coraggio avrei
sfruttandomi al massimo
è chiaro che volerei
zingaro libero
tutto il mondo girerei
andrei in Afganistan
e più giù in Sudafrica
a parlare con l’America
e se non mi abbattono
anche coi russi parlerei
angelo se io fossi un angelo
con lo sguardo biblico li fisserei
vi do due ore, due ore al massimo
poi sulla testa vi piscerei
sui vostri traffici,
sui vostri dollari,
sulle vostre belle fabbriche
di missili, di missili
se io fossi un angelo,
non starei mai nelle processioni
nelle scatole dei presepi
starei seduto fumando una Marlboro
al dolce fresco delle siepi
sarei un buon angelo, parlerei con Dio
gli ubbidirei amandolo a modo mio
gli parlerei a modo mio e gli direi
“Cosa vuoi da me tu”
“I potenti che mascalzoni e tu cosa fai li perdoni”
ma allora sbagli anche tu
ma poi non parlerei più
un angelo non sarei più un angelo
se con un calcio mi buttano giù
al massimo sarei un diavolo
e francamente questo non mi va
ma poi l’inferno cos’è
a parte il caldo che fa
non è poi diverso da qui
perché io sento che, son sicuro che
io so che gli angeli sono milioni di milioni
e non li vedi nei cieli ma tra gli uomini
sono i più poveri e i più soli
quelli presi tra le reti
e se tra gli uomini nascesse ancora Dio
gli ubbidirei amandolo a modo mio
a modo mio…
Il falco maculato mi saetta accanto, mi accusa,
riprende le mie chiacchiere e il mio indugio.
Neanch’io sono stato domato, sono anch’io intraducibile,
Scaglio il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.
L’ultimo rapido raggio del giorno si attarda per me, Proietta la mia immagine dietro le altre, come qualsiasi altra esatta sui deserti d’ombre, E mi attrae nella bruma e nel crepuscolo. Mi allontano come l’aria, scuoto i miei bianchi riccioli al sole che fugge, Effondo la mia carne dentro, vortici, la trascino dentro brecce frastagliate. Mi abbandono ai rifiuti della terra per crescere con l’erba che amo, Se ancora mi vuoi, cercami sotto la suola delle scarpe. Difficilmente comprenderai chi sono o che cosa significo, Ma non di meno sarò per te la salute, E filtrerò e rafforzerò il tuo sangue. Se non riuscirai a trovarmi subito, non perdere coraggio, Se non mi trovi in un luogo cercami in un altro, In qualche luogo mi son fermato ad attenderti.
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