365 giorni, Libroarbitrio

La comicità dialettale nella poesia

Roma 19 aprile 2013

Nella nostra letteratura e maggiormente in certi periodi storici ci sono dei momenti nei quali una spinta originaria  sembra esaurirsi e fermarsi dopo l’inizio, come ce ne sono altri nei quali le opere si limitano e si consumano in loro stesse.

La scoperta e la conseguente ricerca degli effetti comici, il bisogno di continuare  e di sviluppare la tradizione buffonesca o burlesca si innesta nella poesia dialettale.

Come abbiamo letto nel post precedente, in Giulio Cesare cortese, una coscienza orgogliosa e quasi una sfida in difesa della lingua napoletana, quella stessa che sarà poi continuata dal Basile e dal Sarnelli nella prosa.

Questa scelta unisce insieme le glorie e i diritti del dialetto con  i motivi di un realismo popolare.

il cortese nel 1621 pubblica il Viaggio di Parnaso poema in sette canti in ottave dove si mescolano motivi critici  ben precisi come la difesa della lingua napoletana con spunti autobiografici, fiabe e racconti popolari in una trama filamentosa che il Croce ha definito degno dell’umorismo romantico.

L’eroicomico nei poeti, in special modo in quelli napoletani, nasce da un bisogno di conciliare la dignità letteraria e le possibilità del nuovo strumento linguistico attraverso soggetti e temi legati al mondo del dialetto.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Lorenzo Lippi: Il Malmantile racquistato

Roma 16 aprile 2013

Personaggio esuberante e bizzarro, Lorenzo Lippi è noto soprattutto per il poema burlesco Il Malmantile racquistato. Il poema, con un gusto per la comicità e la parodia, offre uno spaccato immaginifico e realistico della vita quotidiano del 1600, resa grazie alla passione per il dettaglio.

La storia narrata diventa pretesto per creare situazioni comiche e divertire il lettore.

L’usurpatrice Bertinella  ha privato Celidora del regno di Malmantile. Costei, con l’appoggio di Marte e Bellona, ricorre all’aiuto del cugino Baldone per riconquistare il feudo, vincendo le diaboliche arti della strega Martinazza.

Alla vicenda principale si aggiungono alcune brevi novelle, in cui il Lippi rivela tutto il suo gusto per l’aneddoto.

Il linguaggio è vivace e colorito, modellato sulla lingua del popolo e quindi ricco di proverbi ed espressioni gergali.

La stesura definitiva dell’opera è pubblicata postuma, nel 1676, a cura di Giovanni Cinelli, con lo pseudonimo di Perlone Zipoli.

Oltre che scrittore Lippi è anche ottimo pittore ed eccellente ritrattista.

Grazie alle sue molteplici sfaccettature artistiche entra in servizio presso la corte dell’arciduchessa Claudia de’ Medici, ad Innsbruck. Sarà proprio a quest’ultima Il Malmantile dedicato.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

La poesia eroicomica

Roma 13 aprile 2013

Arsero polemiche e si trascinarono a lungo discussioni sulla priorità della presunta invenzione del genere eroicomico. “Lo scherno degli dei” di Francesco Bracciolini fu pubblicato nel 1618, e “La secchia rapita” del Tassoni nel 1622, ma la prima stesura di essa in dieci canti  era già terminata nel 1615 e, manoscritta, era diffusa fra i letterati italiani. Il problema non ha oggi interesse tanto più è diversa la composizione e lo stesso dosaggio di eroico  e di comico nelle due opere.

MA il Bracciolini, a differenza del Tassoni, si cimentò ampiamente nell’uno e nell’altro genere, anzi, quasi disingannato, fece seguire al suo primo poema eroico, quello burlesco.

Nato a Pistoia nel 1566 fu segretario di due delle maggiori personalità ecclesiastiche dell’epoca, dal 1595 al 1602 del cardinal Federico Borromeo a Milano e a Roma del cardinal Maffeo Barberini, che seguì fino a Parigi. Tornato in patria nel 1605, vi rimase finché non credette opportuno tornare dall’antico suo protettore diventato papa nel 1623, per il quale scrisse il poema “Elezione di Urbano VIII”(1628) .

Riassunto pienamente nell’orbita barberiniana, tanto da ottenere di aggiungere al suo nome l’appellativo “dell’Api” e da essere fatto segretario del cardinale Antonio, fratello del pontefice, rimase a roma fino alla scomparsa di Urbano VIII. Morì in patria un anno dopo nel 1645.

Dal 1611, data della pubblicazione del primo poema del Bracciolini “La Croce racquistata”, al 1618 anno di stampa della prima stesura in dodici canti dello “Scherno degli dei” si va configurando nello scrittore, non tanto una crisi morale quanto un dispetto letterario.

Talvolta il linguaggio e persino certi episodi minori e amorosi si corrispondono dall’uno all’altro poema. Legato ad una tradizione toscana sospettosa della novità linguistica, già esperto nel superare difficoltà letterarie, come ha dimostrato nella pastorale “Amoroso sdegno” dove aveva usato undici metri diversi, egli cerca nel suo poetare piuttosto un fluido chiarimento e commento non solo alle vicende narrate ma alle stesse immagini che adopera.

A domani

LL

 

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Bertoldo e Bertoldino

Roma 29 marzo 2013

La vicenda  de Le sottilissime astuzie di Bertoldo è ambientata alla corte di Verona, durante il regno dei Longobardi. Qui giunge il villano Bertoldo, “uomo difforme e di bruttissimo aspetto”, che grazie alla sua innata astuzia comincia a farsi ben volere dal re Alboino. Le proverbiali battute tra il sovrano e il contadino, inframmezzate da numerosi episodi comici, scandiscono il confronto tra due realtà tanto lontane: il mondo contadino, carico di saggezza pratica e arguta, e il mondo di corte, ambiguo e ipocrita. La fine del bifolco, ormai diventato consigliere del re, rappresenta l’irrimediabile separazione di queste due realtà inconciliabili. Costretto a una vita di lussi, Bertoldo muorein modo emblematico, “con aspri duoli per non poter mangiare rape e fagiuoli”.

Al Bertoldo segue, nel 1608, Le piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino. Nel Bertoldino, alla saggezza paterna succede la semplicità ingenua del figlio, che riuscirà in ogni modo a farsi amare dal re  come buffone di corte. La buffoneria diventa matrice comune di saggezza e follia.

Le due opere scritte da Giulio Cesare Croce hanno un linguaggio che mescola l’emiliano colto con quello volgare, pertanto, si presentano ad una lettura che sconfina, in chiave comico-fisiologica, nel terreno della ” belle matière fecale”, come sostiene Rabelais, maestro indiscusso del riso liberatorio.

A domani

LL