365 giorni, Libroarbitrio

“Cavaliere sul ponte” Marina I. Cvetaeva

Anna Madia L isola di Kalyptein 2012

27 settembre 1923

Oh, troverò in esso
pace dalle labbra e dalle mani?!

Non ci stancheremo
noi – finché esiste passione! –
coi ponti di vendicarci.

Sia dolcezza o tristezza
in esso, tu meglio vedi,
– Cavaliere che custodisci
il fiume – dei giorni.

 

365 giorni, Libroarbitrio

“Le tre gocce di sangue sulla neve” di Chrétien de Troyes

antieroi-lancillotto

Quel mattino c’era stata una grande nevicata,
perché molto fredda era quella regione.
Percivalle assai presto
s’era alzato, secondo il suo solito:
desiderava cercare e incontrare
avventure e imprese cortesi.
Per caso giunse diritto sul prato
gelato e coperto di neve,
dov’era accampato l’esercito del re.
Ma prima che giungesse alle tende,
vide un volo di oche selvatiche
abbagliate  dalla bianca luce della neve.
Si soffermò a osservarle e ne udì lo strepito
mentre schiamazzando volavano via:
erano state spaventate da un falco
che s’era lanciato contro di loro impetuoso,
e ne aveva colpita una, indifesa,
rimasta fuori dallo stormo.
L’oca era stata ferita al collo
e ne erano cadute tre gocce di sangue:
s’erano allargate sopra il prato bianco
sì che la neve pareva avere un colore rosato.
Quando Percivalle vide macchiata
la neve su cui era caduto il sangue dell’oca
si fermò, appoggiandosi alla lancia,
per contemplare quella strana visione:
il sangue mischiato alla neve
gli sembrava simile al colorito fresco
che aveva visto sul viso della sua Blanchefleur*.
E in quell’immagine la sua mente si perse.

da Perceval

* licenza poetica che mi sono democraticamente permessa. Nella versione originale del testo il nome di Blanchefleur è sostituito con la parola “amica”. Blanchefleur è la donna di cui Perceval s’innamora alla corte del re Artù, e a cui sono dedicati i versi di questa poesia,  quindi è stato più forte di me, non ce l’ho fatta, dovevo trascrivere il nome  dell’amata, così da poterlo leggere anche se per una volta soltanto.

Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Il romanzo storico e realista dell’Ottocento : Ivanhoe

Roma 8 agosto 2013

Walter Scott romanziere

Nato a Edimburgo, Scozia, nel 1771 da una famiglia nobile, Walter Scott studiò diritto e fu avviato alla carriera forense, iniziando contemporaneamente  una brillante attività letteraria.

Traduttore, autore di poesie e poemetti, intraprese la carriera di romanziere, quella che gli diede maggior successo, nel 1814 con il romanzo Waverly.

Nel decennio 1815-25 pubblicò i suoi romanzi più famosi, tra cui il celebre Ivanhoe, grazie ai quali fu considerato l’ “inventore” del romanzo storico, ispirandosi soprattutto alla storia dell’Inghilterra nel periodo medievale.

Il genere ebbe grande successo, anche se Scott usò l’ambientazione medievale solo come sfondo per le storie di avventure senza preoccuparsi troppo della precisione storiografica, come avrebbe fatto invece per i romanzi successivi.

Nel 1826 il fallimento dell’editore di cui era socio gli procurò un tracollo economico che lo costrinse, per pagare i creditori, a un estenuante lavoro letterario che incise negativamente sulla qualità della sua produzione di scrittore e sulla sua mente.

Morì a Abbotsford, malato di cuore, nel 1832.

Scott è considerato una dei principali  scrittori del Romanticismo per le caratteristiche dei suoi romanzi, legati alla tradizione del folklore popolare, all’ambientazione medievale e ai sentimenti nazionali.

A questi elementi egli ha saputo aggiungere un modo di scrivere  molto personale, ironico, colorito nella configurazione dei personaggi e realistico nella descrizione.

Ivanhoe: dame e cavalieri nell’Inghilterra medievale

Nell’Inghilterra del XII secolo, durante l’interminabile guerra tra Sassoni e Normanni per il dominio del paese, Ivanhoe, figlio del nobile sassone Cedric, è innamorato di lady Rowena, ma la giovane, proprio per volere di sir Cedric, è promessa sposa ad Athelstone, che Cedric vuole portare  al trono d’Inghilterra,

Ivanhoe, allontanato dal regno, segue re Riccardo cuor di Leone alla terza Crociata e combatte valorosamente.

Nel frattempo, in patria, Giovanni Senza Terra ha usurpato il trono del fratello Riccardo.

Così, al ritorno dalla Crociata, Riccardo, aiutato da Ivanhoe, dai suoi nobili cavalieri  e dalla banda di Robin Hood, deve lottare a lungo per riconquistare il potere.

Nello scontro Ivanhoe viene fatto prigioniero, insieme al padre, a Rowena, ad Athelstone  e a Rebecca, una giovane ebrea innamorata di lui.

Saranno re Riccardo e Robin Hood, giunti in soccorso, a liberarli dopo un epico scontro al termine del quale Riccardo riconquisterà il trono.

Ivanhoe e Rowena potranno così sposarsi. 

Buona lettura…

 

A domani

LL

 

365 giorni, Libroarbitrio

Il poemetto eroicomico

Roma 12 aprile 2013

” La secchia rapita”

Il poemetto si svolge nel quattordicesimo secolo,  l’autore riporta un fatto reale della storia dell’Italia con aggiunta di riferimenti polemici riguardanti la sua vita.

La vicenda inizia con l’incursione dei bolognesi nel territorio dei modenesi, i quali, dopo aver rincorso gli assalitori sin dentro la città di Bologna, riescono a portar via, di nascosto, un secchio calato in un pozzo.

Ma i bolognesi pretendono in dietro il recipiente.

Per questo motivo, offrono ai modenesi una terra in cambio del secchio.

Il rifiuto di questi ultimi dà inizio alla guerra.

Subito i due schieramenti cercano alleanza con varie città. Anche le divinità, nel corso della battaglia, interverranno a favore di uno o dell’altro esercito.

Dopo numerose liti, le due armate si affrontano direttamente.

Il re Ezio, di parte modenese, subisce il tradimento dei suoi soldati che, nel tentativo di rubare le castagne e le noci  inviate dai fiorentini ai bolognesi, si disperdono.

Egli viene così catturato dai nemici.

Il coraggioso conte di Culagna, invece, riesce a fuggire dalla mischia e a portare ai suoi compagni la notizia del rapimento del re.

I Modenesi sono presi dallo sconforto, ma li rimprovera la bella e coraggiosa Renoppia. Infastidita a causa della loro codardia, la giovane, con un gruppo di donne, decide di portare lo scompiglio nell’esercito bolognese.

Modenesi e Bolognesi stabiliscono una tregua di dieci giorni.

Poco dopo, un’ambasceria bolognese viene a proporre degli scambi: barattare la secchia con alcuni prigionieri.

Intanto, un misterioso e magico cavaliere sfida gli avversari per avere la mano della bella Renoppia, ma viene battuto dal conte di Culagna.

Al conte Culagna si susseguiranno, da qui in poi, una serie di accaduti tragicomici.

L’uomo s’innamora di Renoppia e, per questo motivo, cercherà di avvelenare la moglie.

Una volta finita la tregua, la guerra riprende fino all’interruzione da parte del legato papale.

Scritto da Alessandro Tassoni nel 1614, il poemetto eroicomico ” La secchia rapita” consacra un nuovo genere di poesia.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Movimenti Ereticali II

Roma 28 gennaio 2013

Il Codice Cortese

Sul primato della sua funzione spirituale si reggeva il potere ecclesiastico. Le arti e i mestieri, il lavoro contadino non erano santificati in quanto tali, ma in quanto risultassero utili alla comunità sul piano strettamente materiale. In un caso soltanto c’era stata la santificazione di un’attività laica, nel caso della cavalleria: il cavaliere, il miles, in quanto combattente per la fede, veniva regolarmente investito e considerato capace di attingere la condizione del perfetto cristiano.  Ma il cavaliere faceva parte della grande feudalità e la sua santificazione s’inquadra in una concezione della società, che riserva alle attività cosiddette borghesi un ruolo secondario dal punto di vista morale e spirituale.

Un tentativo di attribuire all’uomo la capacità di attingere la perfezione morale e spirituale, al di fuori della investitura ecclesiastica, era stata la costituzione del cosiddetto codice cortese, ossia di quel modello di comportamento elaborato nelle corti feudali sul fondamento di una fusione fra l’etica cristiana e l’etica antica. Al centro di questo sistema etico è collocata la virtù della moderazione, della misura, che è insieme prudenza, saggezza e beneficenza, e su tutte domina la larghezza, la liberalità, la disposizione a donare il proprio cuore e le proprie sostanze. Sebbene i princìpi della società cortese fossero strettamente collegati con quelli religiosi, anche per la presenza centrale della istituzione della cavalleria ( il cavaliere è l’eroe forte e generoso, il modello della società cortese), essi tendono a porsi come autonomo modello di perfezione umana. Questo modello, che nella riflessione morale dei secoli successivi sarà presente anche in ambito borghese, è originariamente collegato col mondo della feudalità, della corte, non con quello della borghesia, che privilegia un altro genere di virtù fondato  sulla parsimonia.

A domani

LL