365 giorni, Libroarbitrio

.c’è silenzio nel silenzio. – Lié Larousse

rosso

 

.aveva smesso di parlare
aveva bisogno di tranquillità, di pace
per far riposare la mente, il cuore, le gambe,
calmare le avances del caos
il chiasso opprimente e ossessivo,
e ritrovare dentro di sé ciò che era fuori di sé
voleva star bene e aveva deciso di guarire
col silenzio, ma quello buono,
quello che zittisce il fischio nelle orecchie,
il pianto dagli occhi,
il tremore delle mani
aveva smesso di parlare per questo,
per medicarsi.

365 giorni, Libroarbitrio

Ramnstein

uno più uno

Volete vedere il letto in fiamme?
Volete morire dalla testa ai piedi?
Volete conficcare il pugnale
nelle lenzuola?
Volete anche leccare il sangue
dalla spada?

Vedete le croci sul cuscino
Credete che l’innocenza possa baciarvi
Pensate che sarebbe difficile uccidere
Ma da dove credete che vengano tutti i morti?

Il sesso è battaglia
L’amore è guerra

dara scully

365 giorni, Libroarbitrio

Ribelle – Emanuel Carnevali

Edmund Dulac, She kissed the reindeer on the nose

Tutto è più breve di qualcos’altro:
tutto è più uguale a Dio di qualcos’altro.

C’è competizione nel caos,
una cosa molto stupida.

Sono dubbioso come un ramo di salice
che curvo ammicca all’acqua.

Ammiro il diavolo perché lascia le cose incompiute.
Ammiro Dio perché tutte le completa.

***

Io so che per avere dormito a lungo
i morti hanno ripreso forza.
In giorni come questi
spalancano a calci le loro tombe
e ne balzano fuori con eleganza.

Sussurrano orribili segreti
l’uno all’altro e a me.
Portano i loro sudari e
li scuotono animosamente.

O Divinità del terrore e della malinconia
vienimi in aiuto!
Ho ancora baci sfioriti per te,
baci che non voglio buttare via perché sono molto povero,
distaccami dai miei ricordi.

Essi mi inquietano tanto che il sonno sussulta e fugge,
sussulta e fugge.

365 giorni, Libroarbitrio

c’è silenzio e silenzio – L.L.

Bradford J. Salamon

Aveva smesso di parlare.
Aveva bisogno di tranquillità, di pace.
Per far riposare la mente, il cuore, le gambe,
calmare le ansie del caos dal chiasso opprimente ed ossessivo,
e ritrovare dentro di sé ciò ch’era fuori di sé .
Voleva star bene e aveva deciso di guarire col silenzio,
ma quello buono,
che fa zittire il fischio nelle orecchie,
il pianto dagli occhi,
il tremore delle mani.
Aveva smesso di parlare per questo,
per medicarsi.

365 giorni, Libroarbitrio

“L’isola del dottor Moreau” H.G.Wells

Just-Dessert-by-Nicoletta-Ceccoli

…trovai quei gridi oltremodo irritanti; essi crebbero di profondità e d’intensità con l’avanzare del pomeriggio. In un primo momento facevano pena, ma il loro costante ripetersi finì per sconvolgere completamente il mio equilibrio. Scaraventai in un canto un volume di Orazio che stavo leggendo, e cominciai a stringere i pugni, a mordermi le labbra e a camminare su e giù per la stanza.
Dopo un po’, dovetti turarmi le orecchie con le dita. La mia angoscia a quei gridi aumentava sempre di più: essi  divennero un’espressione così raffinata di sofferenza che non potei  tollerarli più a lungo, in quella stanza chiusa. Uscii fuori, nel calore sonnolento del tardo pomeriggio, oltrepassai l’ingresso principale (notai ch’era di nuovo chiuso a chiave) e girai l’angolo del recinto.
All’aperto quei gridi risuonavano con maggior forza. Pareva che in essi tutto il dolore del mondo avesse trovata una voce. Se avessi saputo dell’esistenza di un tale dolore nella stanza accanto, senza udire nessun grido, avrei sopportato la cosa abbastanza bene, l’ho sempre pensato. E’ quando il dolore trova una voce e fa vibrare i nostri nervi che siamo sconvolti dalla compassione. Nonostante la luce fulgida del sole e il verde degli alberi che ondeggiavano nella calma brezza marina, il mondo era tutto un caos, pieno di erranti fantasmi neri e rossi, finché non fui fuori di portata da ogni voce, lontano da quel recinto.

365 giorni, Libroarbitrio

“Panic Station” Muse

Non ti avvicinerai molto
finchè non sacrificherai tutto ciò che hai
Non arriverai ad assaggiarlo
se hai la faccia contro il muro

Alzati e impegnati
Mostra il potere intrappolato dentro di te
Fai quello che vuoi fare
E adesso sollevati e comincia

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E questo caos sfida l’immaginazione
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico

I dubbi cercheranno di spezzarti
Scatena il tuo cuore e la tua anima
I problemi ti circonderanno
Inizia a prenderne il controllo

Sollevati e dai libero sfogo
alla tua fantasia più selvaggia
Fai quello che vuoi
Non c’è nessuno che ti placherà

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E questo caos sfida l’immaginazione
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E questo caos sfida l’immaginazione
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico
E so che combatterai finché durerà

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E sai che non so resistere alle tentazioni
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico

365 giorni, Libroarbitrio

“Pensieri che tramontano…” Loris Giorgi

image1Fotografia di Loris Giorgi – Perth – Australia

Bruciano i pensieri
sull’asfalto infuocato
vaporizzandosi in gioie e dolori
rendendo tutto più complicato.

Il salice deride
l’albero di un viola opaco
mentre il cielo cobalto
rende il tutto più vivo.

Come una vipera la vita
attende solo il momento giusto per avvelenarti
e l’attesa che le cose migliorino
logora l’animo.

La felicità ha i secondi contati.
– Io conto su di lei per aprire gli occhi,
ed assaporarne il forte impatto.

Il vento oggi
smuove la natura
come fosse un quadro astratto
tra il buio e la luce dei riflessi
sembra chiaro il senso
tutto ad un tratto.

Le luci spente del parco
danno sfogo alla fantasia che rimbalza
tra i suoni della natura
perdendosi in un piacevole caos.

C’è traffico nei miei pensieri
e questo mi permette di fermarmi a riflettere
di quanto la vita sia bella.

Gli affetti come pugnali affilati
segnano la mia vita.

Adoro ascoltare la natura pulita da tutti i disturbi dell’uomo.

365 giorni, Libroarbitrio

Robert Musil : il disordine come principio ordinatore

Roma 28 agosto 2013

Robert Musil scrittore

Robert Musil nacque a Klagenfurt (Austria) nel 1880 da una famiglia borghese benestante.

Il padre, docente al Politecnico di Brunn (oggi Brno), lo fece educare in un severo collegio militare, poi Robert ottenne di iscriversi al Politecnico dove si laureò in ingegneria.

Tra il 1902 e il 1903 fu assistente all’università di Stoccarda ; resosi conto del suo calo d’interesse nei confronti del mestiere di ingegnere , incominciò a scrivere.

Si trasferì a Berlino per intraprendere studi di psicologia e, nel 1908, prese la seconda laurea; da due anni era stato pubblicato con successo il suo primo romanzo.

Deciso a fare della letteratura la sua unica attività, dopo aver lavorato come bibliotecario, come pubblicista e, dopo la fine della prima guerra mondiale, come archivista presso il Ministero degli esteri, nel 1923 cominciò a dedicarsi esclusivamente al suo romanzo più importante, L’uomo senza qualità, vivendo grazie agli anticipi dell’editore e alle sovvenzioni degli amici.

Con l’avvento del nazismo abbondò la Germania con la moglie Martha, che era ebrea, e si stabilì prima a Vienna e poi in Svizzera, dove continuò a scrivere in povertà fino alla morte, avvenuta a Ginevra nel 1942.

L’opera di Musil segna un passo importante sulla strada del romanzo moderno.

Egli attua il superamento di due strutture narrative tradizionali che erano state i cardini del romanzo realista e naturalista dell’Ottocento: l’intreccio e il tempo cronologico.

La sequenza degli avvenimenti si riduce al minimo, la riflessione prevale sulla narrazione, al punto che il romanzo diventa un romanzo-saggio, con una forte prevalenza di interventi del narratore.

Alla trama viene a mancare il filo conduttore e non si stabiliscono  più i legami di tipo causale o temporale.

Tutto appare ordinato  e finalizzato solo in apparenza: in verità niente porta a niente e il caos in cui è immersa la realtà viene imitato nella disgregazione delle strutture narrative.

Nel romanzo i personaggi sono rappresentati dalla vecchia società austroungarica in pieno disfacimento alla vigilia della prima guerra mondiale , ma ancora legati ai tradizionali valori  di patria e dovere.

Essi perciò si muovono all’interno di schemi noti ma ormai vani e si agitano a vuoto senza perseguire alcun obiettivo, senza individuare alcuna meta possibile.

Da questa contraddizione nasce l’ironia, che finisce col travolgere anche la figura del narratore ormai privato della sua tradizionale onniscenza, in un mondo dominato dal caos, che rende relativa e provvisoria ogni certezza.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Le Origini II

Roma 8 gennaio 2013

Gn 1,1

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” In principio Dio creò il cielo e la terra” 

Nell’inno del primo capitolo della Genesi, Dio è l’unico attore. Entra in scena senza bisogno di alcuna presentazione. Il lettore, o l’ascoltatore, ha già avuto modo di conoscerlo altrove. La sua parola è un comando potente ed efficace, che fa essere immediatamente quanto è detto:

” Dio disse: Sia luce!. E la luce fu” 

Egli da nome al tempo, giorno e notte, e allo spazio, cielo, terra e mare. Ma la sua parola non ha interlocutori. E’ un grido che non ha risposta. Soltanto dopo la decisione di creare l’umanità  “a sua immagine, a sua somiglianza” , Dio trova un interlocutore che possa ascoltarlo. Solo allora, e per la prima volta, il testo della Genesi esprime un complemento per il discorso:

” Dio disse loro” 

La caratteristica singolare dell’uomo è infatti di essere uditore della parola divina. In altro linguaggio, potremmo dire che l’umanità si scopre simbolo aperto, capace di ascoltare e comprendere un dialogo già iniziato da Colui che l’ha chiamata all’esistenza. Il linguaggio della parola umana è il simbolo che permette di ascoltare, comprendere e rispondere alla parola divina, che rimarrebbe muta, indecifrabile e senza risposta.

Ora io mi permetto di prendere la distanza dal “divino” perché  in definitiva come abbiamo già studiato per la letteratura giullaresca il concetto di parola detta e quindi parola ascoltata è lo stesso tra cantore e pubblico, qui, dunque, tra Dio e il “primo uomo” da Egli creato.

Quindi soltanto la parola umana può esprimere il senso dell’esistenza in quanto veicolo e mediazione nella comunicazione.

In copertina:
‎”Caos” 
di: Silvia Faieta -Contemporary art-
46x62cm
penna biro su carta da acquerello-2006
www.silviafaieta.carbonmade.com
Photo by Maryrouge (www.maryrougephotoart.com)
A domani
LL