La mia vita è tanto
pari al mio sogno,
il sogno che non varia:
vivere in una villa solitaria,
senza passato, senza rimpianto,
appartenersi, meditare…
Canto.
https://www.facebook.com/lie.larousse
365 giorni
La mia vita è tanto
pari al mio sogno,
il sogno che non varia:
vivere in una villa solitaria,
senza passato, senza rimpianto,
appartenersi, meditare…
Canto.
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La mia vita è tanto
pari al mio sogno: il sogno che non varia:
vivere in una villa solitaria,
senza passato più, senza rimpianto:
appartenersi, meditare… Canto
Fai come l’acqua
amica mia,
scorri e non ti fermare
c’è un tizio sulla riva
in attesa di un cadavere.
Vai come il fiume
tra gole e cascate,
sfreccia tra le rapide
e riposa se puoi
quando la superficie è piatta.
Fai come l’acqua
non ti fermare,
permea la terra
e trova una via,
il tuo canto sarà
un gran bel fiore.
Vai come il fiume
che all’occhio pigro
si adatta al corso
e ne segue la corrente,
ma in profondità erode
e sgomita con le sponde,
sconvolge interi paesaggi
e si fa strada,
così,
da sé.
Tratto dalla raccolta poetica
Spietate Speranze
di Gianluca Pavia
O padre nostro, trono d’oro, che nei cieli stai,
o Dio, cosmico sovrano, senza fine, etereo Tutto,
occhio totale, totale energia, totale reggimento,
più arcaico del tempo, alfa e omega d’universo,
base dei beati in assoluto, bagliore d’astri in firmamento,
tu, padre, tu ordisti maestà di sole e fiaccola
di luna, e fonti e fiumi e suolo e mare
vivificando il cosmo, nell’empio totale del tuo soffio;
celesti, terresti, gente stremata nell’abisso,
sotterranee schiere, tutte adempiono al tuo cenno.
Ora t’invoco, io, che sono cosa tua, qui dalla mia polvere,
dolente, passeggero, o mio Dio, io uomo minuto di fango
trafitto dal senso di colpe, in scorrere di pianto.
Ti supplico, padre senza morte, e dunque tu sorridi,
estirpami passione di mondo che strega i miei pensieri
e fascini d’inferno e dismisura dell’orgoglio.
Intridimi sempre nel cuore con corrente perenne del tuo soffio
perché t’ami eternamente, o mia Potenza estrema.
Angelo Poliziano
Hai visto il castello,
l’alto castello sul mare?
Sopra corrono
nuvole d’oro e rosate.
Vorrebbe piegarsi sull’onda,
chiara come uno specchio,
levarsi sopra il fuoco delle nubi
serali, superbo e fiero.
Io ho visto l’alto
castello sul mare,
sopra nel cielo la luna
e intorno la nebbia.
Il vento del mare, le onde,
non fecero un’eco vivace?
Non hai sentito dagli alti anfratti
un canto festoso, un suono di arpe?
Le onde, i venti,
in una grande pace.
Dall’atrio del castello
ho udito un canto
lamentoso fra le lacrime.
Roma 21 dicembre 2013
Invano ho lottato
per convincere il mio cuore a piegarsi;
invano gli ho detto:
“Ci sono poeti più grandi di te.”
La sua risposta, come un vento, un suono di liuto
un vago lamento nella notte
che non mi concede tregua, dice sempre:
“Un canto, un canto.”
Gli echi si susseguono nel tramonto
cercando sempre un canto.
Ma io sono consumato dal lavoro
e vagare per infinite strade ha cerchiato di viola
e riempito di polvere i miei occhi.
Su di me c’è ancora un fremito nel tramonto,
e piccoli elfi rossi di parole gridano: “Un canto.”
Piccoli elfi grigi di parole chiedono un canto,
piccole foglie gialle di parole gridano “Un canto.”
Piccole foglie verdi di parole chiedono un canto,
le parole sono foglie, vecchie foglie gialle:
già dalla primavera il vento le porta
in cerca di un canto.
Ezra Pound, nacque a Halley, nell’Indaho, nel 1885 e morì in Italia, a Venezia, nel 1972.
Dopo la laurea, lasciò gli Stati Uniti per un lungo viaggio in Europa e dal 1908 al 1920 si stabilì a Londra, divenendo corrispondente di alcune riviste americane. Letterato, critico e saggista d’avanguardia, Pound fu scopritore e sostenitore di nuovi talenti poetici quali Frost, Lawrence, T.S.Eliot, Yeats e Joyce.
Fondò il movimento poetico detto “Imagismo” e successivamente il “Vorticismo”.
Nel 1921 si trasferì a Parigi dove conobbe il Dadaismo e frequentò gli intellettuali più in vista.
Fortemente interessato al regime mussoliniano, scelse di vivere in Italia e a partire dal 1925 abitò a Rapallo per un ventennio, legandosi a molti letterati italiani.
Nel 1945 venne arrestato dalle autorità statunitensi per aver pronunciato discorsi di propaganda fascista antiamericana alla radio, e trascorse un periodo di prigionia in un campo di concentramento presso Pisa. Per evitare il processo per tradimento, fu dichiarato insano di mente e internato in un ospedale psichiatrico di Washington. Rilasciato nel 1958, trascorse gli ultimi anni a Venezia.
La sua opera fondamentale è costituita dai Cantos, poema complesso, in cui confluiscono culture ed esperienze letterarie di diversa origine.
A domani
Lié Larousse
Roma 2 agosto 2013
O dèi della pioggia,
o dèe della pioggia,
o giovani dèe della pioggia,
vi chiediamo di aspirare questa santa umidità,
di tessere con questa sacra nebbia i vostri vestiti.
O dèi della pioggia che siete ovunque ,
dèi della pioggia che siete rossi, azzurri e gialli,
e grigi e trasparenti come l’acqua,
vi chiediamo di essere felici senza lacrime
sereni senza tristezza
e tranquilli senza solitudine.
Continuate a vivere sopra di noi,
a fare ciò che avete sempre fatto
con amore e benevolenza,
donateci le cose migliori della vita,
permetteteci di essere amati e benvoluti,
di ottenere quanto sempre abbiamo desiderato.
Popolo dei Pueblo
I riti della pioggia, presso gli indiani d’America, erano rivolti alle forze che presiedevano alla formazione della pioggia stessa e che si riteneva vivessero negli oceani che circondavano la terra, nelle sorgenti, nei fiumi, nei corsi d’acqua sotterranei, nei cumuli di nuvole e nelle nebbie.
Queste cerimonie avevano luogo all’inizio dell’estate, subito dopo il solstizio ed erano dirette da particolari sacerdoti, il cui nome significava “coloro che per far piovere cantano”.
Durante il rito, che non era pubblico, i sacerdoti si disponevano in punti diversi dislocati a nord, a est, a sud, a ovest, in alto, in basso, nel centro e in posizione laterale.
A domani
LL
Roma 7 maggio 2013
Foscolo nasce un’epoca di passaggio, fine Settecento ove sarà sempre esule, e segnato dall’illusione di riscatto, albori dell’Ottocento, nonostante la tragicità relegata dalla sua origine, alla vita e alle opere.
Nel mutare degli orizzonti politici di un’Europa attraversata dalla tempesta napoleonica e sottoposta poi alla Restaurazione, nel vortice degli eventi di cui fu partecipe, egli vide il suo amor di patria dapprima vittima del trattato di Campoformio, che concesse Venezia al dominio austriaco , in seguito irreparabilmente offeso dalla consacrazione, nel 1815, di quello stesso dominio.
Ciò nonostante egli potè ritrovare sempre la sua vera patria. Dentro di sé. Questo concetto è ben descritto nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis ove anche se non si era in grado di lavare via il sangue, il riflesso di quel sorriso, il lampo di femmineo pudore di Teresa, sua protagonista, consolava il cuor.
Il carme Dei sepolcri, apparso a Brescia nel 1807, traccia intorno al motivo della tomba, simbolo concreto dell’apparente condanna dell’uomo alla dissoluzione ma anche della sua permanenza nella memoria, un affresco della storia umana e della condizione dei singoli: entrambe sempre oscillanti tra grandezza e miseria, tra slancio ideale e rovinose cadute.
Negli endecasillabi foscoliani la tragedia del destino umano, proteso al morire, risuona con la gravità austera e maestosa del canto attribuito alle Parche. Questo canto, oscuro e dolente, fa vibrare il carme per il mistero dello scoprirsi, in quanto uomini, nudi e indifesi.
Un altro canto però risuona, subito dopo, non a rinnegare l’inno delle Parche, bensì a completarlo, quasi a farlo risplendere mentre lo rende sopportabile, ed è il canto delle Pimplèe: le Muse.
Le Muse che son bellezza cantano la bellezza.
Le Parche sillabano con lenti rintocchi un inevitabile morire.
Ma i versi delle Muse pulsano di un’eco iridata che risuona “oltre”: oltre il tempo, oltre la fine del mondo e delle cose.
A domani
LL
Roma 27 aprile 2013
L’anima dell’uomo
somiglia l’acqua:
viene dal cielo
e ancora alla terra
deve tornare,
vicenda eterna.
Diroccia dall’alta
parete rupestre
la pura sorgente
per poi frantumarsi leggiadra
in nubi flottanti
sul levigato masso
che benigno l’accoglie,
fluttua con un velo,
mormora lieve
giù nel profondo.
Contrastano rupi
il flutto precipita,
spumeggia irosa
a grado a grado
verso l’abisso.
Disteso il suo corso,
scorre lenta per la valle erbosa,
e nello specchio del lago
tutte le stelle
bagnano il volto.
Vento è dell’onda
tenero amante;
vento sommuove
gorghi spumanti.
Anima dell’uomo,
come somigli l’acqua!
Destino umano,
come somigli il vento.
poesia di Johann Wolfgang Goethe
A domani
LL
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