Who’s that girl?



365 giorni
One two three o’clock
four o’clock rock
ordine e disciplina
dall’ovest alla Cina
five six seven o’clock
eight o’clock rock
tutto sotto controllo
dal tetto alla cantina
le banche garantiscono
le vergini arrossiscono
e il culo sotto ai raggi
del sole si arrostiscono
e Alice guarda i gatti
e i gatti scappano dai cani
all’uomo di Neanderthal
gli prudono le mani
e il riff di satisfaction
ci soddisfa
e il letto si rifà
e sognando poi si disfa
e tutto scorre senza
troppe sorprese
aumentano i ricavi
aumentano le spese
normali carezze
normali torture
i soliti entusiasmi
le solite paure
i bravi da una parte
dall’altra i recidivi
i morti in paradiso
e nell’inferno i vivi
e più il mondo è moderno
e più l’uomo diventa antico
“presentato oggi a Milano
il nuovissimo modello
di foglia di fico”
Ma mi disordino
quando ti vedo sulla soglia
quando ti cade giù la foglia
quando mi lanci i tuoi coltelli
quando ti sciogli i tuoi capelli
quando mi accogli nel tuo sole
quando mi asciughi le parole
quando mi butti all’aria i piani
quando riscaldi le mie mani
quando intravedo la tua cima
quando io e te facciamo rima
quando non sai che io ti guardo
quando esponi il tuo stendardo
quando trasformi l’acqua in vino
quando mi mostri il tuo giardino
quando non so che cazzo dire
quando però lo devo dire
io mi disordino
diritto canonico diritto romano
diritto naturale diritto umano
left right balla ballerina
il sole tramonta la sera e sorge la mattina
e il super doganiere controlla le frontiere
tra essere ed avere tra patire e piacere
mi hanno organizzato l’esistenza
da quando mamma era in gravidanza
la pappa la scuola
la cacca la suora
il mare il ruttino gli esami
il casino i desideri i bisogni
la libertà i sogni
ed ogni estate un nuovo passo di danza
e vivo come in una gravidanza infinita
come se fossi un feto per tutta la vita
come se fossi un feto per tutta la vita
ma mi disordino
quando mi mischi le tue carte
quando la macchina non parte
quando ti annuso i genitali
quando siam come due animali
quando c’é vento tra i miei rami
quando mi mandi i tuoi richiami
quando io scio sulla tua schiena
quando mi mangia la balena
quando mi mangia la balena
mi disordino
io mi disordino
3×3 fa 9 E=MC2
confermato il rapporto tra i cateti e il quadrato
un gomito che picchia sullo spigolo fa un male cane
farina acqua e lievito scaldati danno il pane
il percorso più breve tra due punti è una retta
l’ostacolo più inutile tra due punti è la fretta
gestisco il tempo come fosse un conto in banca
quanto ne è passato?
quanto ne manca?
ma mi disordino
quando scateni la tempesta
quando sei al centro della festa
quando scavalchi le mie mura
quando sorridi alla paura
quando sbatacchi la lattina
quando mi inverti la mattina
quando confondi le mie idee
quando sconvolgi le maree
quando mi scricchiola il mio trono
quando io surfo sul suono
quando mi complichi le cose
quando mi smascheri le cose
quando ti illumini di rabbia
quando spalanchi la mia gabbia
quando sproteggi il mio sistema
quando l’impianto trema
quando la porta resta aperta
quando l’esercito diserta
dimentico la chiave io vedo la mia trave
io allento il mio controllo ti bacio sul collo
mi dedichi attenzione
non cerco un’opinione
sospendo il mio giudizio
mi anticipi l’inizio
il ritmo cambia tiro
sconvolgi il panorama
la storia cambia trama
l’impianto trema
non so la trama io smollo i legamenti
col corpo io ti penso l’assurdo prende senso
e ascolto le sirene
c’é ritmo nelle vene
io mi disordino!
“Vivere la vita è come fare un grosso girotondo
c’è il momento di stare su e quello di cadere giù nel fondo.
E allora avrai paura
perché a quella notte non eri pronto
al mattino ti rialzerai sulle tue gambe
e sarai l’uomo più forte del mondo.
Lei si truccava forte per nascondere un dolore.
Lui si infilava le dita in gola per vedere se veramente aveva un cuore.
Poi quello che non aveva fatto la società l’ha fatto l’amore.
Guardali adesso come camminano leggeri senza un cognome…”
Era notte in quel mattino
ed ho ricordato di un viaggio che facevo a dieci anni.
Ho pensato – Forse è quel giorno.
Nello svegliarmi alzarmi lavarmi vestirmi ci ho chiuso fuori me.
Pensieri. Ossessioni. Paure. Compulsioni. Voglie. Sogni. Desideri.
Ho disdetto tutto. Ho dismesso tutto. Ed ho fatto entrare lei.
Jeans e maglietta.
Non mi sono pettinata né truccata.
Senza un soldo.
Senza salutare.
Senza chiavi.
Me ne sono andata al mercato.
Non quello del mio quartiere, ma da Giordano passando da Trilussa.
Perché è lì che ero solita andare.
Perché è quello che ho ricordato.
Perché ho dieci anni e sono felice a starmene dove i palazzi odorano di marmo gelido pure d’estate.
Dove ad accompagnarmi per la strada è l’odore degli alberi della città e il cucinato che sbuca dalle finestre perdendosi nei vicoli stretti.
Per le vie di sampietrini sono arrivata al mercato.
I negozi sono cambiati ma di quelli non me ne frega nulla
m’importa del chicco d’uva gigante nella bocca
della ciliegia pulita con le mani impolverate
delle olive verdi nella salsa puzzolente dolcisalate sulla lingua
dei fruttivendoli sbracciati e sguaiati che urlano il pregio del loro giovare
ed immagino il suono della voce di Giordano
nel suo cupo andirivieni alla ricerca dell’entità infinita del tutto
di quella di Trilussa
che grida nell’aria il rimodernare composizioni metriche ridendo e sbeffeggiando tutti
invece ardono quelle delle pettegole che si fanno il verso l’una a l’altra
bisticciando per chi strappa il sorriso più bello all’ortolano.
Percepisco musica
ascoltata da chi vive dietro le finestre lasciandola divampare fuori come l’odore di sugo,
e mentre mi aggiro tra i banchi cercando solo ricordi odo il suo rimando
così al mercato ho trovato questo canto
voce di un giovane dalle straordinarie speranze
speranze di un futuro privo dall’angoscia della rabbia ma d’amore e d’arte nutrito
la stessa speranza che nutre l’uomo che porto nel cuore
e ascoltarlo mi ha fatto rizzare i peli fin dietro la nuca
e allora sono corsa a domandare chi fosse
– E’ Mannarino, Signorì nu’ lo conosci?
e ricordare che in effetti l’avevo già ascoltato
e ricordare ch’ero in sua compagnia mi ha scosso
e confusa mi sono commossa
e come a dieci anni
se vedevo un bimbo piangere piangevo con lui
se correva ci correvo assieme
se lo vedevo morire, bé
ero lì con la mia mano stretta a lui
e lui con la sua sulle mie guance.
L’attimo dopo ho capito di essere accorsa a questo di mercato per riprendere me con i miei ricordi.
Con questo dono nella mente me ne sono tornata a casa
ho salutato Giordano e poi Trilussa
me ne sono tornata alla vita
con la consapevolezza
che ho memoria di quella carezza sul mio volto
che ci ho messo la guancia al riparo
regalo dell’immensità della pace.
E non crediate sia poco.
Non lo è.
E.
Con il pensarti che è gioia immensa
come essere spensierati sempre
mi dedico tutto questo
una me di dieci anni
in una mezza giornata di vita
speranzosa e felice.
Buona domenica a tutti voi che mi leggete
anche a chi è solo di passaggio per un’occhiata furtiva.
Lasciatevi catturare dalla melodia delle parole tutte
che sia poesia
che sia musica
che sia semplice conversare.
L.L.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.