365 giorni, Libroarbitrio

Cronache dalla Montagna: MUSEI A CIELO APERTO – di Renata Covi

In montagna si va per camminare, per i panorami, per l’aria sottile, e in quest’estate che assomiglia ad un altro-forno, anche per respirare l’aria fresca.
Le Dolomiti sono sempre bellissime, anche se le chiazze di neve che le punteggiavano non ci sono più. Camminando e salendo con la funivia capita di fare degli incontri imprevisti: dei musei.

Già, i musei d’alta montagna, modernissimi oppure vecchie cose che abbiamo sempre visto adesso si chiamano “Musei a cielo aperto”.
Comincio dal più antico e malinconico il Monte Piana, lo dice la parola è un altopiano, davanti alle maestose Tre cime di Lavaredo, panorama sublime. La strada è chiusa al traffico e si sale con la navetta. Monte Piana è un luogo di trincee della Grande Guerra 15/18, dove si vedono ancora le trincee italiane e quelle austriache.  Si fronteggiano, ed è facile immaginare che ogni tanto quei poveri ragazzi costretti lassù fraternizzassero, almeno a Natale.

Nelle trincee sono rimaste delle brandine arrugginite a ogni tanto si trova una stufa. Quei ragazzi hanno passato anni lassù a 2300m s/l, sepolti dalla neve, gelati dal freddo, bruciati dal sole. Tra i due fronti, su quel piccolo pezzo di terra sono moti 14.000 giovani:

“Tutti giovani sui vent’anni
La sua vita non torna più.”

Questo lo cantavano mentre qualcuno suonava l’armonica.  

Un posto totalmente diverso è il museo a Passo Rombo. Una strada stretta con mille curve ti porta su, salendo da Merano. Strada stretta e curve vuol dire paradiso dei motociclisti. Poi arrivi al passo e trovi davanti a te il ghiaccio dove hanno trovato Ötzi, la famosa mummia, ma quello che non ti aspetti è che in quel posto isolato ci sia il museo dedicato alla moto.

Vorrei descrivere quello che ho visto, ma non posso. Perché quello che ho visto io e stato raso al suolo da un incendio. Però lo hanno ricostruito a tempo di record e da tutto il mondo hanno inviato moto per riaprire il museo, che funziona da novembre 2021.

Il terzo luogo è sopra Brunico dominato dalla campana dell’amicizia: Plan de Corones.
Si sale in funivia ed è legato alla leggenda della bellissima principessa Dolasilla del regno di Fanes. Dolasilla era coraggiosa e i nani le avevano donato delle frecce d’argento infallibili, la principessa aveva combattuto e vinto per il suo popolo, e a Plan de Corones fu incoronata “Eroina” dal Re suo padre.

Ovunque vai in alto vedi sempre le Dolomiti in tutta la loro bellezza, sempre uguale e sempre diversa a seconda dell’angolazione e della luce. Lassù sui monti, talvolta in mezzo alle nuvole, c’è il museo della montagna voluto da Messner, il grande scalatore. Il museo non si vede perché è scavato nel terreno, ma guarda fuori attraverso delle grandi finestre. Dentro si vede la storia della fatica della salita in roccia. Non si celebrano gli alpinisti ma la montagna e i mezzi per salire. Nelle vetrine si vedono scarponi, corde, chiodi, ramponi, picozze e tanto altro.

C’è anche una sezione dedicata ai quadri con le montagne di tutto il mondo dall’800 in avanti, interessanti e suggestivi.

Articolo di Renata Covi

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Senza nessuna pietà

Ecco vedete, questo è quello che accade realmente nella vita:

C’è l’Uomo Gigante con il cuore della sua stessa stazza, le larghe spalle, con lo sguardo al sole e i piedi che cercano di incamminarlo nel percorso molto spesso intriso d’ostacoli, buio, continuamente  sull’orlo del precipizio ma giusto per quello che sono i suoi valori, i suoi principi.

E fra tutta la gente si distingue che pare una roccia, indistruttibile.

E c’è l’Uomo Piccolo, con il cuore della sua stessa stazza, chiuso nelle spalle, con lo sguardo all’asfalto ad inseguire i suoi piedi che inseguono altri piedi che vanno per tante strade, a volte tortuose certo, ma il più delle volte lisce e comode che si lasciano camminare facili che è un piacere e quasi un peccato cambiare via, e i principi e i valori sono ornamenti come fiocchi natalizi che riponi e ritrovi all’occorrenza.

E fra tutta la gente non lo si vede neanche, mimetizzato meglio di un camaleonte.

E poi la strada converge l’Uomo Gigante a l’Uomo Piccolo.

E qui finisce la storia.

E sì.

Perché quando un uomo come l’Uomo Gigante incontra un uomo come l’Uomo Piccolo, per lui, l’Uomo Gigante, non c’è più scampo.

Nessuna strada è più giusta, né più sbagliata.

Senza nessuna pietà.

L.L.

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“E tu che hai nella bocca le dolcezze” Muhammad

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E tu che hai nella bocca le dolcezze
uno dei tuoi malati ti domanda,
che dalla bocca tua ne beva un sorso.

Quando sarà per lui l’ora del sonno,
ché ai tuoi quegli occhi suoi tolsero il sonno?

Quanta guerra per te, notte su notte,
e quanti assalti disperati. Quanti per me
i desideri di te, gli sgomenti.

Concedo a me di svegliarti, nemica.
Che il tuo cuore morto lo voglia, ti concedi.

Attenta, anima mia, che un’altra a lui interessa
ed uguale sarà un’altra volta ancora
darti uguale dolore. Attenta, attenta.

Tu che passi di qui e ti siedi
per far passare il tempo sorridi felice
e lo attendi lui che non arriva mai.

Io se lascerò che amore apra la porta
strapperò cuore dal petto; e sarò come te
innamorato del nulla, e tu che hai nella bocca le dolcezze
sopportala la verità ora.

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“Le Lettere” Sharon Olds

incastrata nella tela del ragno

La macchina entrò nel vialetto al crepuscolo e si fermò.
La donna scese sotto i giganteschi alberi neri,
andò in giardino e sentì che c’era qualcuno,
qualcuno furioso. Gli alberi erano inzuppati di oscurità
e i germogli cacciavano fuori i loro coltelli.

Rimase fuori del suo giardino
e vide come i fusti flettevano i loro muscoli
e tutto l’appezzamento sembrava una tomba
dalla quale qualcuno stava  tentando di uscire.

All’improvviso
sentì alzarsi un’ombra enorme
e correre via – la sua mano andò al collo
bianca come una radice.

Lei fu casa, poi.
Questo era il suo luogo, quello fra tutti gli altri
dove aveva paura di camminare, dove c’era sempre qualcuno
arrivato prima, che lo occupava contro di lei
ad ogni costo.

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“Ditele l’assenza” Mariasole Ariot

pozzanghera di luce

Ditele la fame, ditele che la bocca è il centro di una testa, ditele che se piange è per pudore, ditele lo sputo, ditele che il cielo senza occhi non ha ragione, ditele che una parola è matura quando è grave, ditele che grido, ditele che hanno forato il cranio con un punteruolo, ditele che passano le voci, ditele che non passa, ditele che i bambini hanno lo sguardo torvo, ditele che non guardo, ditele che le maglie della terra sono strette, ditele che non usciamo, ditele che usciremo, ditele che l’uomo ha una gabbia sulla testa, ditele della cornea, datele una retina, ditele il sangue sui tappeti, ditele che non avrò figli, ditele che ha innaffiato fiori finti, ditele che non fingo, ditele che i pianeti quando non cadono è perché cedono, ditele che nel pozzo non cadano bambini, ditele di non cadere, ditele che il radicale è un frutto senza seme, ditele dei confini mancati, ditele che se non sono – Sono l’altro, ditele della rincorsa dei coltelli, ditele della camera nera, ditele che un luogo non fa territorio, ditele che i territori sono reti, ditele della ragnatela, ditele che il mio scheletro ha la forma di una mosca, ditele dei ragni. Ditele che non ho pertugi, ditele che il consiglio è : evaporare, ditele che un foro non è un passaggio, ditele che non passa, ditele che hanno cartografato il vuoto, ditele che la fedeltà non si misura in giuramenti, ditele che sono infedele, ditele che la parola è un segno, ditele che ci parliamo, ditele che vedo, ditele che l’uomo ha creato bocche ovunque, ditele che sono una buca, ditele che non ho un fondo, ditele dell’universo osservabile, ditele che se ho taciuto è per gravità, ditele che non ho mai taciuto, ditele che il principio di reazione ha fallito, ditele che è falso, ditele che ho fame, ditele che è freddo, ditele che piange, ditele che un uomo è un bambino in verticale, ditele che cado, non ditele niente, ditele della sbarra piantata sulla schiena, ditele che la verità è una menzogna, ditele che mento.

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“L’isola del dottor Moreau” H.G.Wells

Just-Dessert-by-Nicoletta-Ceccoli

…trovai quei gridi oltremodo irritanti; essi crebbero di profondità e d’intensità con l’avanzare del pomeriggio. In un primo momento facevano pena, ma il loro costante ripetersi finì per sconvolgere completamente il mio equilibrio. Scaraventai in un canto un volume di Orazio che stavo leggendo, e cominciai a stringere i pugni, a mordermi le labbra e a camminare su e giù per la stanza.
Dopo un po’, dovetti turarmi le orecchie con le dita. La mia angoscia a quei gridi aumentava sempre di più: essi  divennero un’espressione così raffinata di sofferenza che non potei  tollerarli più a lungo, in quella stanza chiusa. Uscii fuori, nel calore sonnolento del tardo pomeriggio, oltrepassai l’ingresso principale (notai ch’era di nuovo chiuso a chiave) e girai l’angolo del recinto.
All’aperto quei gridi risuonavano con maggior forza. Pareva che in essi tutto il dolore del mondo avesse trovata una voce. Se avessi saputo dell’esistenza di un tale dolore nella stanza accanto, senza udire nessun grido, avrei sopportato la cosa abbastanza bene, l’ho sempre pensato. E’ quando il dolore trova una voce e fa vibrare i nostri nervi che siamo sconvolti dalla compassione. Nonostante la luce fulgida del sole e il verde degli alberi che ondeggiavano nella calma brezza marina, il mondo era tutto un caos, pieno di erranti fantasmi neri e rossi, finché non fui fuori di portata da ogni voce, lontano da quel recinto.

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W.H.Auden 1940

Destino

Non hanno mai fallito nel capire la sofferenza,
gli Artisti del passato: con che sagacia ne han compreso
la posizione nella vita umana; e di come abbia luogo
mentre qualcuno è a tavola che mangia, o un altro
spalanca una finestra o cammina distratto per la strada.

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Ragione Patria L.L.

Gianfranco Sergio 2

Fiale d’amour,2013,acrilico su tela 50×40 cm. opera dell’artista  Gianfranco Sergio

E’ fuori dalla finestra dove vola la mia vista che la notte avvolge di buio il campo di sterpaglie. Il vento arriva da lontano a portarmi ricordi che odorano di sangue ma io ho bianca carta e questa matita e mi disegnerò il più meraviglioso dei mondi pure se sono accecato dal nero. E allora sarò mare che s’infuria che si lamenta dal pesare antichi peccati mentre nuovi si accumulano lungo rive scie stellari costruendosi abbazie di sabbia con varchi di conchiglia.

Vago

uomo vacuo

inspiro ed espiro come meglio posso

stringo un pugno e penso che

– Pure se volessi cambiare…non lo so.

Buona la volontà

a coloro a cui appartiene

come credere nei comandamenti

fedele sedersi e pregare il povero Cristo a tua immagine e somiglianza e non vergognarsi

come credere nella propria Patria

soldato combattersi e uccidere quel povero Cristo a tua immagine e somiglianza e non vergognarsi.

La mia Patria

è la mia ragione d’uomo

è  il mio volere

 pure se i piedi sono scalzi cammino lo stesso

 pure se non so dove andrò a dormire oggi

tra un ora

questa sera

sta notte

– Come vi pare a voi

so per certo però di sapere

dove mi sveglio ogni domani.

Je ferai un domaine

Où l’amour sera roi

Où l’amour sera loi

Où tu seras reine

L.L.

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“Vivere la vita” Mannarino

“Vivere la vita è come fare un grosso girotondo
c’è il momento di stare su e quello di cadere giù nel fondo.
E allora avrai paura
perché a quella notte non eri pronto
al mattino ti rialzerai sulle tue gambe
e sarai l’uomo più forte del mondo.
Lei si truccava forte per nascondere un dolore.
Lui si infilava le dita in gola per vedere se veramente aveva un cuore.
Poi quello che non aveva fatto la società l’ha fatto l’amore.
Guardali adesso come camminano leggeri senza un cognome…”

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Bambina Astronauta

Questo pomeriggio ho camminato nelle scarpe di qualcun altro.
Ho bevuto alcool puro con la bocca di un altro.
La mente si ingrigiva annerendosi in un altro misero minuscolo cranio.
Poi il vagito di una bambina si è elargito nelle mie orecchie
io con esse ho ascoltato il volto suo spaventato
che si è presentato in versi ai miei occhi che hanno visto.
Tutti i nessuno.
E mi sono costruita questa tana
per accomodarmi dal mondo
è piccolissima
posso starci sola ed in ginocchio
ho indossato un casco d’astronauta
ho creato un vortice d’etere grandissimo
e ci ho rovesciato il mondo al suo interno
le attese con i loro attimi
il nudo con l’essere e i suoi cenci
le urla senza vocali
la memoria senza aspetto ed incolore
il silenzio zitto.

Mi sono costruita questa tana
ed ora comoda
non c’è nessuno
il pericolo è niente.

L.L.