365 giorni, Libroarbitrio

Facciamo che io ero – Guido Catalano

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facciamo che io ero un soldato
e tu eri una ragazza che vivevi in un paese
io disertavo
e ti bussavo
tu vivevi sola nella casa
facciamo che ti bussavo
fuori nevicava
in lontananza grandi fuochi
e bombe
tu dicevi, chi è?
son soldato disertore, posso entrare che fa freddo?
facciamo che tu aprivi la porta
e dicevi, entra pure sto preparando la pastasciutta
facciamo che io entravo
posavo il fucile
e mi sedevo vicino al fuoco
perchè facciamo che c’era il fuoco
ho dei vestiti asciutti, mi dicevi
io mi toglievo la palandrana
e la giacca
e mi mettevo un maglione grigio molto confortevole
e anche dei pantaloni
e posavo gli scarponi ai piedi del camino
facciamo che la pastasciutta era pronta
e tu me ne davi un piatto
e facciamo che mangiavamo in silenzio
facciamo che c’era anche una bottiglia di vino

com’è la fuori? mi chiedevi
ci si spara e ci s’ammazza, ti dicevo
ti dicevo, sei stata molto cara ad aprirmi
mi dicevi, figurati, vuoi un po’ di vino?

facciamo che ti guardavo
e facciamo che eri molto bella
possiamo fare ciò che vogliamo
facciamo che mi dicevi, puoi dormire qui stanotte
e le altre notti?, ti chiedevo
anche
finchè non finiscono gli scoppi?, ti chiedevo
sì, dicevi
facciamo che ti dicevo finalmente il mio nome
e finalmente tu mi dicevi il tuo
e finalmente mi chiedevi, potrai difendermi se arrivano?
sì, dicevo

facciamo che eravamo molto stanchi
e mentre che tu ti preparavi per la notte
io guardavo dalla finestra
e fuori era tutto bianchissimo e silenzioso

ora anche le bombe dormomo, dicevo
vieni a letto, dicevi
facciamo che non facevamo l’amore
non la prima notte almeno
poi si vedrà

365 giorni, Libroarbitrio

Edoardo Sanguineti da “Triperuno”

Roma 6 gennaio 2014

Edoardo Sanguineti

Piangi piangi, che ti compero una lunga spada blu di plastica, un frigorifero
Bosch in miniatura, un salvadanaio di terra cotta, un quaderno
con tredici righe, un’azione della Montecatini:

                                                                                            piangi piangi, che ti compero
una piccola maschera antigas, un flacone di sciroppo ricostituente,
un robot, un catechismo con illustrazioni a colori, una carta geografica
con bandiere vittoriose:

                                                      piangi piangi, che ti compero un grosso capidoglio
di gomma piuma, un albero di Natale, un pirata con una gamba
di legno, un coltello a serramanico, una bella scheggia di una bella
bomba a mano:

                                piangi piangi, che ti compero tanti francobolli,
dell’Algeria francese, tanti succhi di frutta, tante teste di legno,
tante teste di moro, tante teste di morto:

                                                                                       oh ridi ridi, che ti compero
un fratellino: che così tu lo chiami per nome: che così tu lo chiami
Michele.

Sono versi profondamente e amaramente polemici.
Nella nostra società dei consumi tutto è ridotto a livello di oggetto, di merce: e, così, grottescamente si mescolano i giocattoli, gli elettrodomestici, le medicine, il catechismo, le allusioni alla tragica guerra di liberazione dell’Algeria. L’unico acquisto vero, al termine della filastrocca accusatrice e demistificante, sarà un fratellino: e per questo regalo, il bimbo, è invitato finalmente a ridere.

***

Abbraccia tuo figlio

di un abbraccio caldo e sincero

lui dimenticherà dei giochi

di lagnarsi per un capriccio

e non ci sarà più bisogno del lupo nero 

per attirare la sua attenzione

di  babbo Natale

che giustifichi la tua richiesta d’amore.

LL

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Lawrence Ferlinghetti ” Il mondo è un posto bellissimo”

Roma 24 dicembre 2013

Lawrence Ferlinghetti

Il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa che la felicità
non sia sempre
così divertente
se non t’importa un po’ d’inferno
di tanto in tanto
proprio quando tutto va bene
perché perfino in paradiso
non si canta tutto il tempo
Il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa che qualcuno muoia sempre
o forse solo muoia di fame
ogni tanto
cosa che poi non è così terribile
se a morire non sei tu
Oh il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa troppo
di alcune teste perse
nei posti di comando
e a una o due bombe
di tanto in tanto
sul tuo viso alzato
o ad altre simili scorrettezze
a cui questa nostra società “di marca”
si dedica
e con i suoi uomini che vogliono distinguersi
e con quelli destinati ad estinguersi
e i suoi preti
e altri poliziotti
e le sue svariate segregazioni
e indagini parlamentari
e altre costipazioni
di cui la nostra povera carne è erede
Sì il mondo è il posto migliore di tutti
per un sacco di motivi come
far una scena da ridere
e far una scena d’amore
far una scena di tristezza
e cantare canzoni con toni bassi
e avere l’ispirazione
e andare in giro
a guardare tutto
e odorare i fiori
e dare una pacca sul sedere alle statue
e perfino pensare
e baciare la gente e
fare bambini e indossare pantaloni
e agitare capelli e
ballare
e andare a nuotare nei fiumi
o durante un picnic
nel pieno dell’estate
e così in generale
“viversela”

ma proprio sul più bello
arriva ridendo
l’impresario delle pompe funebri.

 

Ferlinghetti è uno dei leggendari profeti della “beat generation” , il movimento culturale nato nella seconda metà degli anni Cinquanta, come ribellione al materialismo e al conformismo in cui piomba l’ America dopo la seconda guerra mondiale.
L’adozione del termine beat, “battuto”, “emarginato”, esprime da parte degli intellettuali aderenti al movimento la loro separazione dalla classe sociale di appartenenza e l’assimilazione a tutti gli emarginati della società americana.
Unificando nelle sue opere il radicalismo politico e il rinnovamento letterario, la beat generation prende le distanze dal militarismo, dall’individualismo consumista e dal moralismo borghese.
Cerca invece di rivalutare l’interiorità e il corpo, di recuperare il rapporto con la natura e il contatto con il divino.

A domani

Lié Larousse