365 giorni, Libroarbitrio

solo carne e nomi – L.L.

doppia

 

Tutti indaffarati

tutti tutto fare

saccenti d’ignoranza

a saperne sempre più dell’altro

ma siamo solo carne e nomi

che si dimenticano ancor prima di pronunciarsi

ovunque il silenzio

fischia strattona gela
la mente

un blocco di fumo d’acqua

secca
la gola affama

bolle di fuoco nell’anima arsa

gonfi gli stomaci vuoti

più di quest’avvenire finito senza fine

ma l’ostinazione è insaziabile

avidi d’inappagate insoddisfazioni

incapaci di lavarci via i tormenti

accresciamo le fatiche

montando tacita ira

e non la sappiamo placare

nessuno la sa placare

noi non la sappiamo placare

noi, abbiamo il voltastomaco noi

sopraffatti

noi noi noi

l’andirivieni coatto di liquidi acidi

lisergici nel sangue

inseguiamo il drago

l’estasi è orgasmica

narcotizzato il cuore

non senti più nulla,

pure il silenzio ha smesso di farsi sentire

ma Cristo ferma questo grido

che urla inciti cataclismatici nella testa,

e tu?
Ferma quest’urlo

365 giorni, Libroarbitrio

“Costa occidentale” Lana Del Rey

Mi bacerà mai

Giù nella costa occidentale, hanno le loro icone
Le loro luci stellari d’argento, le loro regine e cicloni
E tu hai la musica, hai la musica in te, non è vero?
Giù sulla costa occidentale, amano i loro film
Le loro auto dorate e le groupies rock-n-roll
E tu hai la musica, hai la musica in te, non è vero ?
Mi spingi più forte lungo la strada
Mi sento più calda del fuoco
Come essere e fare sentire che io sono una ragazzina ma credo di sapere
Non dici di sapere ciò che devi sapere, uomo sei tu che desidero!

365 giorni, Libroarbitrio

Ted Hughes “Il falco nella pioggia”

Roma 30 dicembre 2013

Ted Hughes

Affogo nel tambureggiante campo, estraggo
un calcagno dopo l’altro dall’ingorda bocca della terra,
dal fango che mi afferra ogni passo alla caviglia
con la tenacia della fossa, ma il falco

libra in alto senza sforzo l’occhio fermo.
Le sue ali tengono il creato in una imponderabile quiete,
ferme come un’allucinazione nell’aria che scorre.
Mentre il vento percuote a morte queste ostinate siepi,

mi prende gli occhi, mi toglie il fiato, mi afferra il cuore,
e la pioggia mi incide la testa fino all’osso, il falco regge
il punto adamantino della volontà che guida come un nord
la resistenza del naufrago: ed io,

stordito, ghermito boccone di sangue che conta l’ultimo istante
nelle fauci della terra, tendo al supremo
fulcro della violenza dove posa il falco.
Che forse incontra quand’è l’ora la bufera

proveniente dalla parte sbagliata, sopporta, scagliato a testa in giù,
che l’aria gli cada dagli occhi, le pesanti contee gli crollino addosso,
l’orizzonte lo intrappoli; e, sfracellato quell’occhio tondo
d’angelo, il sangue del cuore si mischi alla mota.

Hughes sosteneva che le poesie, come gli animali, sono “un’assemblea di parti viventi, mosse da un singolo spirito”.
E a volpi, falchi, pesci dedicò  moltissimi versi, contrapponendo l’innocente violenza del mondo animale a quella volontaria dell’uomo sull’uomo, ai suoi folli sogni di massacro, alla sua violenza distruttiva sulla natura.
Come la poesia in cui lo sparviero parla della sua immodificabile natura sterminatrice, al di sopra di qualsiasi legge o autorità. L’uccello predatore serve al poeta proprio per contestare la cieca violenza degli uomini, che attaccano, reprimono e uccidono col permesso delle leggi che si sono dati.

A domani
Lié Larousse