.auguri a noi sognatori emergenti emarginati sulla bocca di tutti scrittori, auguri a noi narcisisti ossessivi compulsivi disadattati scrittori, auguri a noi vittime e carnefici, di tutti e di nessuno, silenziosi e caciaroni, insonni e narcolettici, di carne e d’infinito, militanti e bluffatori, inediti editati dediti alla scrittura scrittori, afflitti appagati depressi pensatori pensanti dispersi perduti entusiasti entusiasmati entusiasmanti scrittori,
auguri a noi.
Tag: birra
.alla nostra. – Lié Larousse
.la mia rovina
tu, qui
il mio naso al tuo collo
e questo odore che hai
la bocca a mangiarci
e lascia perdere di guidare
e questo sentirti afferrarmi
le tue mani ai miei seni
che baci e lecchi
la mia lingua a giocarti
e scoprire il sapore
che a pelle contro pelle ha la carne
mordendoti forte
piegata la mia schiena a te
e le mie labbra poi
che esplodono in un grido dolce
per chiudersi morbide
avvolgerti
e bere
alla nostra.
BACI DI SHIVA – DuediRipicca
Baci di Shiva
le tue bolle di sapone
dal finestrino, nell’aria
nell’universo
nello spazio separato
dal resto
che ci separa dal contesto.
Baci di Shiva
le tue promesse
di un futuro migliore
quando è solo l’imperfetto
ad essere presente
ed imperativo.
Baci di Shiva
cosa vuol dire?
Come quando il cielo sanguina
fulmini e apocalissi imminenti
e tu snoccioli un’altra oliva
svuoti un’altra birra
chi pagherà il conto?
Baci di Shiva.
Gianluca Pavia – Lié Larousse / DuediRipicca
#BOLLEDISAPONESALVADORDALI
OTTUNDIMENTO – Lindze
Sono le nove del mattino.
Fuori il tempo fa quello che vuole,
fra pioggia e freddo improvviso.
Lui tenta di far finta di nulla.
E’ il suo giorno di riposo
così, solo, stappa una bionda.
Gira per casa come un cane
alla corda, ogni tanto
scarabocchia due righe
su un foglio.
Rolla una sigaretta,
la fuma
la bottiglia di birra finisce.
Scrive altre righe e tenta
di far rientrare in sé
quel maledetto senso
di solitudine,
di non pensare
all’autunno che assedia
la sua stanza.
Si gira una canna.
Cucina qualcosa,
tanto per fare.
Un uovo al tegame
e una bottiglia di rosso.
Mentre beve si gode
il dolce naufragio
verso il mare
mai burrascoso
dell’ottundimento,
si gode lo stordimento
che smussa il dolore.
Poi siede sul divano
con la bottiglia di vino,
di lato il foglio,
continua a scrivere,
la canna
accompagna il suo bere.
E mentre scrive pensa
che sarebbe bello
vedere gente
se solo gente ci fosse,
sarebbe bello
amare
se solo ancora l’amore si trovasse.
E continua a stordirsi.
Un bicchiere di Whisky
mezzo pieno che Lui
percepisce mezzo vuoto.
Guarda fuori,
dalla finestra
una pioggia feroce
si scaglia contro il vetro.
Qui il posacenere poggiato sul davanzale
e la canna
e il suo fumo è un esile filo grigio
che lotta per non scomparire nell’aria,
per mantenere una qualche coerenza.
Pensa seriamente
a come faccia la gente
a restare lucida
e mentre vi riflette
si scola l’ultimo
goccio di Whisky.
Guarda ancora
quel tenue
filamento grigio
che sinuoso
proviene dallo spinello,
e sa
che la sua vita
non è poi così diversa
da quello sfumare nel nulla.
“Dittico testamentario” di Lorenzo Migliorini & Lorenzo Farfarelli
Quanno moro
Quanno moro, vojo
esse seppellito in riva
ar mare,
vicino a no scojo,
pe famme consumà
la carne dar vento e dar sale.
Roso da li vermini
ne la terra nuda,
ignudo come quanno
so’ sortito dar ventre de mi madre.
Da vivo c’è sempre quarcuno
che te dice cosa fare,
da morto fateme fà
come me pare.
di Lorenzo Migliorini
Quanno che me moro fateme er favore,
tumulateme ‘n campagna, ar paese mio
lontano da Roma, lontano dar rumore
e teneteme a distanza pure da dio:
che mentre ‘sto lì inerme a fermentare
nun c’ho voja de sentì er prete fa la messa:
so’ ateo, nun ce credo a quer piagnucolare
la mia storia ‘n paradiso è compromessa.
Vojo ‘na funzione semplice e veloce
vojo li Black Sabbath a palla: Electric Funeral
e bira a galloni e canti viva voce
‘na cagnara da sentisse insino er Nepal.
E nun vojo musi lunghi o piagnistei,
che la morte è solo na’ trasformazione
che si ce pensate bene amici miei,
è l’antra faccia dell’umana condizione…
A trovamme ar cimitero nun venite ,
lasciateme ‘no spazio ner vostro core
e ner mentre che bevete l’acquavite
brinderete a Lollo vostro con amore.
Ricordateve ‘nfine n’urtima lezione,
che la morte nun è dura pe’ chi è morto
perché dell’uman dolore è l’estinzione:
è pe’ chi resta che è dolor e sconforto.
Io ner mentre scoprirò er grande mistero,
cor soriso j’andrò ‘ncontro serenamente,
spero solo, ovunque vada su ner cielo
che ce sarà bira, vino e uischi sufficiente.
Er tempo ‘ntanto m’avrà mutato,
e io sarò arbero, sarò erba, sarò ‘n fiore,
sarò ‘n lago, sarò der lupo l’ululato
sarò er silenzio fra ‘n battito de core.
di Lorenzo Farfarelli
Pawel Kuczynski
“Brave e buone ragazze vestite di percalle” Charles Bukowski
Roma 5 aprile 2014
non ho conosciuto altro che puttane, ex-prostitute,
e pazze. vedo uomini con donne riservate,
e dolci – li vedo nei supermercati,
li vedo camminare insieme per strada,
li vedo a casa: gente in
pace, che vive insieme. so che la loro
pace è solo limitata, ma stanno in
pace, spesso ore e giorni di pace.
non ho conosciuto altro che impasticcate, alcolizzate,
puttane, ex-prostitute, e pazze.
quando una se ne va
ne arriva un’altra
peggiore di quella prima.
vedo tanti uomini con buone e brave ragazze
vestite di percalle
ragazze che non hanno la faccia del ghiottone
o di altri predatori.
“mai portare qui una puttana,” dico ai miei
pochi amici, ” me ne innamorerei.”
” non la reggeresti una donna perbene, Bukowski.”
ho bisogno di una donna perbene, ho bisogno di una donna
perbene
più che di questa macchina da scrivere, più
che della mia automobile, più di quanto abbia bisogno
di Mozart; ho così tanto bisogno di una donna perbene che
la sento nell’aria, la sento con la
punta delle dita, vedo marciapiedi costruiti
solo perché vi si posino i suoi piedi,
vedo cuscini per la sua testa,
sento la mia risata imminente,
la vedo che accarezza un gatto,
la vedo che dorme,
vedo le sue pantofole sul pavimento.
so che esiste
ma in quale angolo del mondo si trova
se sono le puttane che continuano a scovarmi?
Sentiremo il sapore delle isole
e del mare
so che una certa notte
in qualche camera da letto
presto
passerò
le dita
tra
capelli
soffici e puliti
canzoni che nessuna radio
trasmette
tutta la tristezza si scioglierà
in un sorriso.
A domani
Lié Larousse
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