365 giorni, Libroarbitrio

Non ho ancora finito di guardare il mondo – David Thomas

FOTO by Neil Krug

Mi metto accanto a lei e la guardo dormire.

Non lo faccio solo perché la trovo bellissima
o perché mi fa così tenerezza vederla
addormentata.
Lo faccio perché
in questi momenti mi dico
che sarebbe facile ucciderla.

Ho l’illusione
di essere sensibile,
di sentire le cose
e quindi di capire la vita.

Se conosco vermi e talpe,
cieli e deserti,
pianure e fiumi,
tigri, gorilla e mosche,
è per evitare di conoscere gli uomini
mi dico.

– Va tutto bene, ma non ho ancora finito di guardare il mondo.

 

365 giorni, Libroarbitrio

Ted Hughes “Il falco nella pioggia”

Roma 30 dicembre 2013

Ted Hughes

Affogo nel tambureggiante campo, estraggo
un calcagno dopo l’altro dall’ingorda bocca della terra,
dal fango che mi afferra ogni passo alla caviglia
con la tenacia della fossa, ma il falco

libra in alto senza sforzo l’occhio fermo.
Le sue ali tengono il creato in una imponderabile quiete,
ferme come un’allucinazione nell’aria che scorre.
Mentre il vento percuote a morte queste ostinate siepi,

mi prende gli occhi, mi toglie il fiato, mi afferra il cuore,
e la pioggia mi incide la testa fino all’osso, il falco regge
il punto adamantino della volontà che guida come un nord
la resistenza del naufrago: ed io,

stordito, ghermito boccone di sangue che conta l’ultimo istante
nelle fauci della terra, tendo al supremo
fulcro della violenza dove posa il falco.
Che forse incontra quand’è l’ora la bufera

proveniente dalla parte sbagliata, sopporta, scagliato a testa in giù,
che l’aria gli cada dagli occhi, le pesanti contee gli crollino addosso,
l’orizzonte lo intrappoli; e, sfracellato quell’occhio tondo
d’angelo, il sangue del cuore si mischi alla mota.

Hughes sosteneva che le poesie, come gli animali, sono “un’assemblea di parti viventi, mosse da un singolo spirito”.
E a volpi, falchi, pesci dedicò  moltissimi versi, contrapponendo l’innocente violenza del mondo animale a quella volontaria dell’uomo sull’uomo, ai suoi folli sogni di massacro, alla sua violenza distruttiva sulla natura.
Come la poesia in cui lo sparviero parla della sua immodificabile natura sterminatrice, al di sopra di qualsiasi legge o autorità. L’uccello predatore serve al poeta proprio per contestare la cieca violenza degli uomini, che attaccano, reprimono e uccidono col permesso delle leggi che si sono dati.

A domani
Lié Larousse