365 giorni, Libroarbitrio

“Le tre gocce di sangue sulla neve” di Chrétien de Troyes

antieroi-lancillotto

Quel mattino c’era stata una grande nevicata,
perché molto fredda era quella regione.
Percivalle assai presto
s’era alzato, secondo il suo solito:
desiderava cercare e incontrare
avventure e imprese cortesi.
Per caso giunse diritto sul prato
gelato e coperto di neve,
dov’era accampato l’esercito del re.
Ma prima che giungesse alle tende,
vide un volo di oche selvatiche
abbagliate  dalla bianca luce della neve.
Si soffermò a osservarle e ne udì lo strepito
mentre schiamazzando volavano via:
erano state spaventate da un falco
che s’era lanciato contro di loro impetuoso,
e ne aveva colpita una, indifesa,
rimasta fuori dallo stormo.
L’oca era stata ferita al collo
e ne erano cadute tre gocce di sangue:
s’erano allargate sopra il prato bianco
sì che la neve pareva avere un colore rosato.
Quando Percivalle vide macchiata
la neve su cui era caduto il sangue dell’oca
si fermò, appoggiandosi alla lancia,
per contemplare quella strana visione:
il sangue mischiato alla neve
gli sembrava simile al colorito fresco
che aveva visto sul viso della sua Blanchefleur*.
E in quell’immagine la sua mente si perse.

da Perceval

* licenza poetica che mi sono democraticamente permessa. Nella versione originale del testo il nome di Blanchefleur è sostituito con la parola “amica”. Blanchefleur è la donna di cui Perceval s’innamora alla corte del re Artù, e a cui sono dedicati i versi di questa poesia,  quindi è stato più forte di me, non ce l’ho fatta, dovevo trascrivere il nome  dell’amata, così da poterlo leggere anche se per una volta soltanto.

Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

“Quando siamo all’osteria” I CARMINA BURANA

Renoir vino

Quando siamo all’osteria
di questa terra non ci importa più,
ma giochiamo in allegria
e non la smettiamo più.
Quel che si fa in un’osteria,
dove il denaro in vino si butta via
è giusto che voi sappiate,
dunque ciò che vi dirò ascoltate.

C’è chi gioca, c’è chi beve,
c’è chi malamente vive.
Chi nel gioco si accanisce
tutto nudo poi finisce.
Ma c’è pur chi si riveste
e chi di sacchi si fa una veste.
Qui nessuno teme la morte,
ma per il vino si gioca la sorte.

Prima un brindisi per la vincita nel gioco,
i viziosi iniziano così,
poi per i prigionieri e per i vivi bevono ancora un poco,
poi per tutti i cristiani e per chi non è più qui,
la sesta bevuta per le suore vanitose,
la settima per i cavalieri di lande selvose.

L’ottava per i frati perversi,
la nona per i monaci dispersi,
la decima per tutti i naviganti,
l’undicesima per tutti i litiganti
la dodicesima per ogni penitente,
la tredicesima per chi è itinerante
sia per il papa che per il re di questo regno
bevono tutti senza ritegno.

Beve la dama e beve il signore,
beve il cavaliere e il monsignore,
beve questo e beve quella,
beve il servo con l’ancella,
beve il vispo e beve lo stanco,
beve il nero e beve il bianco,
beve il deciso e l’incostante,
bevono il dotto e l’ignorante,

bevono il povero e l’ammalato,
bevono l’esule e lo sconosciuto,
beve il giovane, beve l’anziano,
bevono il vescovo, e il decano,
beve il fratello, beve la sorella,
beve la madre, beve la zitella,
beve questa, beve quello,
bevono cento, bevono mille.

Sei denari durano niente,
quando si beve senza misura,
benché sia serena la mente.
Il disprezzo è cosa sicura
verso di noi tutta la gente
che nulla offre alla nostra arsura.
Chi ci denigra sia dunque castigato
e fra gli onesti non sia annoverato.