365 giorni, Libroarbitrio

“Comunque Dada” Caparezza

Le quattro di notte,
sono in pigiama,
in preda alla noia,
scendo sotto casa,
salgo sul tettuccio
di quel fuori strada,
col megafono a palla canto una serenata.
Comunque vada, comunque Dada
Comunque vada, comunque Dada
Scoppia la guerra, io me ne scappo,
ma quale patria, io me ne sbatto,
tu mi imponi le divise, io me le strappo,
ho due bottiglie tu combatti, io me le stappo.
Disertore a vita , e me ne vanto,
se foste come me non ci sarebbe guerra in atto.
La cadenza e il passo sono demodé,
Io la sera me la spasso al Cabaret Voltaire!
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque Vada
al Cabaret Voltaire!
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque Vada
Qualcuno mi accusa, sei una sanguisuga,
rispondo: fallo pure tu, vieni avanti suca!
ho ancora voglia di irritarti, morso di zanzara,
e te lo manifesto Dada, come Tristan Tzara.
Sono la negazione, sono irrazionale,
amo l’arte detesto l’orgoglio nazionale.
Rompo gli schemi,
tu rompiti tibia e perone!
Perché non vieni insieme a me, al Cabaret Voltaire?

Comunque vada, comunque Dada,
Comunque Vada
al Cabaret Voltaire!
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque Vada
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque vada, resto comunque Dada,
io vedo una sola strada, comunque Dada,
qualsiasi cosa accada, comunque Dada,
Rimetto in discussione tutto,
proprio tutto,
proprio tutto,
forse non sono Dada, ma sono un po’,
Dada un po’, dada un po’!

Mi interessa l’arte,
ma le emozioni zero,
mi ha detto: Capa io canto le mie canzoni fiero!
Si, mi ricordano un’opera di Manzoni, credo,
e non parlo di Alessandro, ma Manzoni Piero.
Questa canzone è ready made,
nata già pronta,
e suona come fare i baffi sulla Gioconda,
più fastidiosa di un nuvolo di pettegole,
ma rende la mia vita più piacevole,
al Cabaret Voltaire!
Frasi sconnesse sgorgano dall’ugola,
Iolifantobamludogolaueugobal,
non hai capito nulla,
copia incolla, Google App,
neologismi sciapi dovunque come la rucola.
Non mi smuovi, no,
proseguo indomito,
a vedere il bello ovunque,
pure nel mio vomito.
è stravaganza,
vacanza extra,
passo la vita che mi resta
al Cabaret Voltaire!
al Cabaret Voltaire!
al Cabaret Voltaire!
al Cabaret Voltaire!
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque vada, comunque Dada,
Comunque vada, comunque Dada.

365 giorni, Libroarbitrio

L’ironia di Alessandro Manzoni

Roma 22 maggio 2013

Oggi 22 maggio ricorre la sua morte 

A Brusuglio, otto chilometri dal Duomo di Milano, c’è la Villa Manzoni residenza estiva dello scrittore.

Nel parco, una montagnetta con in cima una pergola. E’ terra di riporto da uno scavo ordinato dai Manzoni per deviare il Seveso, che lambisce la proprietà.

“Un rompicapo per i geologi del futuro”, ridacchiava Manzoni, ” che non sapranno che che dire della cosa, nella spianata padana…”.

E qui c’è già tutta la sua ironia. Un sentierino erboso porta alla vetta dell’altura. Oggi s’interpone la coltre dei palazzoni e delle fabbriche. Ma un tempo, guardando a est, si vedeva nel bel cielo di Lombardia il frastaglio del Resegone.

E’ l’amato lecchese, con il Caleotto, la casa della sua infanzia, e il seme del romanzo. Era là, sulla montagnetta, quando il 17 luglio 1821, il postino gli mise in mano la “Gazzetta di Milano” con la notizia della morte di Napoleone.

La culla dell’ “Ei fu”, l’incipit più scolpito.

Alessandro Manzoni nasce  a Milano nel 1785, da Giulia Beccaria, figlia di Cesare. Il legale è il cinquantenne Pietro Manzoni, patrizio lecchese.  Le voci indicano come padre carnale Giovanni Verri, già legato a Giulia prima del suo matrimonio.

Per due anni, Alessandro è a Melgrate, a balia. Nel 1792, i genitori si separano: dal 1795, Giulia convive con il nobiluomo Carlo Imbonati a Parigi, dove frequenta i salotti intellettuali alla moda.

Il ragazzo, formalmente, è affidato al padre, ma passa da un collegio all’altro. Ventenne , compone gli impeccabilisciolti del poemetto In morte di Carlo Imbonati, che già include propositi  fondanti: “Sentire e meditare…”, “Non fare tregua coi vili”, “Il santo Vero mai non tradir”.

Ha rapporti con Vincenzo Monti, conosce Foscolo, a Milano incontra patrioti e intellettuali in esilio. Divora le pagine di Parini e Alfieri. Si forma. Nel 1805, muore l’Imbonati, lasciando a Giulia tutti i beni, compreso Brusuglio.

Alessandro si ricongiunge alla madre, a Parigi, dove sperimenta ambienti culturali fervidi.

Nel 1808, a Milano sposa Enrichetta Blondel, con rito calvinista, secondo la fede di lei. La coppia vive a Parigi fino al 1810, anno del graduale passaggio dei coniugi alla religione cattolica. Ora il trio dimora tra Milano e Brusuglio. Gli anni scorrono tra nascite, e moti premature dei figli, creazione letteraria e l’attività di agricoltore, da Manzoni considerata primaria sotto il profilo economico.

Esperto in botanica, introduce nuove tecniche di coltivazione, pianta l’esotica robinia, ne intreccia due tronchi significando se stesso ed Enrichetta, vinifica dalle sue vigne, prepara estratti e decotti (ancora visibili le piccole bottiglie nella stanza da letto, a Brusuglio), tenta senza successo di coltivare caffè, raccoglie cotone e bachi da seta sui gelsi.

Nel 1833, giorno di Natale, muore Enrichetta, stremata dai parti e dai salassi. E’ sepolta a Bresuglio sotto la grande croce della lapide di famiglia, dove riposa anche Donna Giulia.

Manzoni è schivo, ossessionato da balbuzie, nevrosi che gli causano mancamenti, agorafobia, schizofrenia tra maniaco distacco e precetti di carità che lo spingono alla beneficenza verso i bisognosi: si narra che a Bresuglio regalasse dolciumi ai bambini, ma a distanza, dall’alto dei gradini d’ingresso della villa.

Nel 1589 riceve da Vittorio Emanuele II un vitalizio, che prelude all’elezione a senatore del regno.

Cavour e Garibaldi gli fanno visita.

Accetta la cittadinanza onoraria di Roma, ma nella capitale non porrà mai piede.

Muore il 22 maggio 1873, ucciso da un ematoma alla testa, dopo una caduta sui gradini della chiesa di San Fedele.

Verdi compone per lui la Messa da Requiem, eseguita nella chiesa milanese di San Marco e alla Scala.

A domani

LL

 

Spunto di lettura:
Testo di Ezio Savino
Poesia e vite di poeti
Editore Fondazione Poesia Onlus