365 giorni, Libroarbitrio

“Cane di gioia” Yvan Goll

albero Fratellone mio

Cane di mia carne
Cane della gola di rose nere
E dal mantello di finocchio
Presta alla mia mano la tua pelliccia
Mia pirateria di fiamme
Cane mio solo calore fra il freddo degli uomini
Mio rovo trepidante

La voce del mio ultimo dio esce dalla tua gola
O voce del pozzo termale
Che dopo Pizia non udivo più
Che nessuna grammatica nessun Tucidide nessun
rantolo di tamburo
Faceva fremere nel mio orecchio.

Infine divengo ancora il centro di qualcosa
Il centro del tuo cerchio di benevolenza
Per guarirmi dei cerchi dell’alcione
E di quello di Uranio intorno all’Obelisco
Mio cane di gioia
Fiore di tuono
Bestia selvaggia della fraternità

 

“Carissimi tutti,
perdonate questa mia intrusione ma devo assolutamente scrivervi che, questa poesia fa parte di una raccolta di ultimi scritti di Yvan Goll ch’egli si apprestò a scrivere in fin di vita: e sì, perché quando seppe di essere presto soggetto alla morte, in due mesi ricoprì in minuscola calligrafia tutti i pezzi di carta, buste, ricette, margini di giornale per terminare di comporre le sue poesie, venne tenuto in vita col sangue donato da sedici poeti di diversi paesi e della sua amata Claire Aishmann.”

L.L.

365 giorni, Libroarbitrio

Grafia di Bambini

Iris by John Atkinson Grimshaw, 1836-1893.

Nostra la grafia dei bambini.
Con la matita al posto della penna.
Ricordo di me in ginocchio a sfogliare fotografie sul tuo letto.
Ti rivedo nella memoria, in piedi al mio fianco, ad osservarmi mentre scruto la tua vita.
E vorrei stringermi a te posando le miei guance sulle tue ginocchia tese, così forte d’aspirare l’odore della tua pelle attraverso i jeans.
L’odore del tabacco sulle tue mani.
Vorrei fermare il ricordo in questo punto e non andarmene mai via.
E allora chiudo gli occhi e disegno un albero grande.
Gli trasformo il pavimento in suolo di terra.
In briciole di sabbia arsa dal sole.
Le radici scaltre corrono profonde e agili avvolte dal bacio fresco del terreno dimora di animaletti vivaci.
I suoi rami, immersi in delicate foglie che danzano al ritmo di vento, sono tanto infiniti d’arrivare a trafiggere le nuvole e farne cespugli di zucchero filato.
E avrai braccia di corteccia potenti a cullare canti allegri di uccellini all’ombra del tuo animo.
Ed io voglio stare qui.
Al riparo ai piedi di te essenziale albero.
Protetta da tutto lo scompiglio.
Quasi potrei assopirmi calma, e  sognando invocherei la Dea degli esseri Straordinari per sussurrarle della tua armatura da guerriero, di quanto essa sia fragile ma potente al contempo, e lei incantata mi darebbe la magia di donarti forma nuova del tempo, spazio di ciò che realmente sei, bosco incantato, bambino buono, con lo sguardo colmo di chi ha soltanto se stesso al mondo, ma col sorriso di autentica felicità e sorpresa nel trovare me che t’aspettavo.

L.L.

 

 

 

 

365 giorni, Libroarbitrio

“La traversata dell’oasi” di Maria Luisa Spaziani

Roma 1 febbraio 2014

Maria Luisa Spaziani

Il desiderio s’irradia dai piedi
Dalle radici dell’albero umano.
E’ dalle sue radici che la quercia
Riceve impulsi elettrici a febbraio.

Piedi congiunti al sesso. A camminare
Furono destinati, non soltanto.
Centraline sensibili si accendono
Se pensi a un solo nome.

Mondadori, 2002

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Kobayashi Issa “La mia primavera”

Roma 3 agosto 2013

Kobayashi Issa

Con occhi invidiosi
insegui la farfalla
uccellino in gabbia!

“La nostra casa”:
freschezza
di queste parole.

E’ in fiore il susino,
l’usignolo canta
ma io sono sola!

Paese di montagna:
la luna piena autunnale
entra nella mia zuppa.

Gocce di pioggia cadono
qua e là
zanzare variegate!

Quando morirò
fai la guardia alla mia tomba
piccolo grillo.

Tra i fiori del tè
i passerotti
giocano a nascondino.

L’uccellino prepara il nido.
Non sa che taglieranno
l’albero.

Kobayashi Issa 

Originario di Kashiwabara, Issa considerato uno dei maggiori poeti giapponesi.

Rimasto orfano a quindici anni andò a vivere a Edo, l’attuale Tokyo,per apprendere l’arte dell’haiku.

Dopo alcuni anni prese a girovagare per il paese facendo visita a illustri poeti e traendo dai nuovi ambienti conosciuti motivi di ispirazione per le sue composizioni.

Si sposò, ma nel giro di pochi anni, uno alla volta, gli morirono i quattro figli e la moglie.

Si risposò, ma il matrimonio fu un fallimento.

Fu colpito da una grave malattia e un incendio gli bruciò la casa.

L’opera più nota di Issa, La mia primavera, è un “haibun”, cioè una sequenza di haikai  alternati a brani in prosa, che rispecchiano fatti ed emozioni della sua vita.

A domani

LL