Sogno di una notte di mezza estate
e di campi di grano seccati dal sole di luglio
granelli di polvere che si alzano tremanti dalle suole delle tue scarpe.
Sogno di una risata
che echeggia nell’eco dei prati,
e le rughe sul tuo volto distendersi un po’.
Sogno di una bicicletta
che non ho mai imparato a usare,
di gambe che han ritrovato i propri passi,
e le ruote di una valigia che sento ancora scivolare sul pavimento di casa.
Sognerei la gioia,
se solo potessi,
e l’orgoglio sgorgare dai tuoi occhi
come fiumi in piena che inondano le sponde e strabordano.
Sognerei il tuo lascito scorrermi nel sangue
come i ricordi che mi infestano i sogni e premono tra i nervi,
a ritmo di battiti distendendosi nelle mie pupille.
Sognerei le urla e le parole sussurrate davanti ad un bicchiere,
quando prima che la notte incomba rimaniamo solo io e te
a risolvere ciò che io non so spiegarmi e non so spiegare.
Sognerei una falcata lenta,
braccio a braccio,
lunga quanto una navata che si distende davanti a noi.
Sogno ancora la tua mano che mi abbandona,
quella non ho mai smesso di sognarla.
E i tuoi occhi che lentamente cambiano colore,
e non mi guardano più come prima.
Sogno ancora quel vuoto assordante che rimbomba per casa
e che temo un giorno possa rompermi i timpani
e distruggermi la memoria.
Mi chiedo se un giorno smetterò di sognarti,
di lasciarti prendere spazio accanto alla bambina che sono
e cullarmi nella notte.
Mi chiedo se un giorno smetterò di sognarti,
ma so che tanto non smetterò mai.
Claudia Massotti
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Pubblicato da libroarbitrio
Lié Larousse nasce in un circo itinerante, tra stoffe di taffetà ruvida, seta in baco e carta straccia.
Non sa che giorno fosse, né l'anno, né la direzione che prese il treno, spinto sulle rotaie forse dal canto stridulo di ogni palpitante sterzata o forse dalle urla del parto di un'ipotetica madre immaginata sotto ogni forma. Quel che è certo, è che, quell'ammasso di ferro, legna e carne in transito era vivo, colmo di saltimbanchi, clown, povere bestie , lustrini e paillette. Lié - faceva caldo, quello, si me lo ricordo, ma , fuori di qui , cara, un freddo, quello anche mi ricordo, e poi non insistere con me chiedi a Mr Freak ti saprà dire di più . Mr Freak alto tre metri la spostava di lato col bastone argenteo mal fermo, appena la vedeva sbucare dal nulla - fsthgrfth – farfugliava in un linguaggio incomprensibile. Lei continuò a chiedere. Chiese a tutti, ai giocolieri con le clave, al mangia fuoco con la tutina gialla aderente, alla signorina Edena la donna più bella dell'universo con tre capezzoli, al triste Robert col trucco sempre sciolto e il diario nascosto che solo lei sapeva dove trovare. Nebbia . Ombre. Nulla. Ogni risposta era una chiusura di porte senza maniglie, inerme ad ogni ingresso riappariva lui, fermo ad attenderla sul ciglio , sempre, l'incomprensibile Mr Freak.
Così oggi, ad un età inconsapevole, con i capelli spagliati di un colore incolore, mi presento a voi, mi chiamo Lié Larousse, racconto storie di vita vissuta dagli altri, studio del mondo com'era, qui dietro le quinte di un palcoscenico fluttuante, attraverso i miei occhi vi farò vedere l'idillio della vita degli esseri quali siamo dove conduce, col mio unico ricordo. Vero. Solo mio, che d'improvviso di giorno o in sogno mi appare, col profumo caldo di neve silenziosa .
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Complimenti, intensa e struggente 🙂
Vero! Una bellissima poesia di una poetessa molto giovane ma già di gran talento!