Roma 27 agosto 2013
Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, nacque a Trieste nel 1861 da padre tedesco e madre di origine ebraica.
Cittadino di una Trieste spiritualmente italiana e politicamente austriaca, punto d’incontro di diverse culture, ebbe una formazione di tipo europeo e il suo pseudonimo dichiara due componenti fondamentali della sua cultura.
A causa del tracollo economico della sua famiglia dovette impiegarsi in banca.
Nel 1892 pubblicò a proprie spese il romanzo Una vita, che passò sotto silenzio; stessa sorte toccò al secondo, Senilità, scritto sei anni dopo.
Da quel momento Svevo decise di rinunciare alla letteratura, si sposò, si dedicò allo studio del violino e divenne prima direttore e poi socio nella ditta del suocero.
Nel 1905 conobbe lo scrittore irlandese James Joyce, che a quel tempo insegnava inglese a Trieste.
Per Svevo fu un incontro fondamentale .
Infatti, quando a venticinque anni di distanza da Senilità pubblicò La coscienza di Zeno, fu proprio Joyce a farlo conoscere al famoso scrittore e critico francese Valéry Larbaud, che lo recensì molto positivamente.
In Italia solo la voce di Eugenio Montale, nel 1925, si levò a fare del primo grande romanzo contemporaneo della nostra letteratura.
Svevo morì improvvisamente in un incidente stradale nei pressi di Treviso nel 1928.
Egli pertanto non poté assistere al riconoscimento del valore della sua opera, giudicata per molti anni anni dai critici stilisticamente disarmonica, scritta con un linguaggio duro e troppo ricco di assonanze dialettali.
Per lo scrittore triestino la ricerca dello stile fu sempre un obiettivo secondario: il suo scopo è l’indagine sull’uomo del Novecento, che si trova in un momento di piena trasformazione e non si riconosce più nei valori dei del vecchio mondo ottocentesco né in quelli del nuovo.
I personaggi Sveviani si sentono diversi, estranei alla società in cui vivono.
Egli fu lo scrittore italiano che maggiormente si misurò con la grande scoperta del XX secolo: la psicoanalisi.
Lesse le opere di Sigmund Freud e da queste trasse sostegno scientifico all’analisi della coscienza umana attuata attraverso il suo lavoro letterario.
Alle teorie freudiane aggiunse però l’idea che non solo la psiche umana ma la realtà tutta sia ammalata.
In questa concezione, pertanto, i disagi del singolo uomo appaiono come segni di ribellione verso il mondo borghese in disfacimento.
A domani
LL
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