365 giorni, Libroarbitrio

Il fato dell’uomo deciso da un bottone: Aleksandr Sergeevic Puskin

Roma 13 giugno 2013

Ieri abbiamo letto una poesia oggi ne raccontiamo la vita:

Puro romanzo russo, si direbbe, la vita formidabile e brevissima di Aleksandr Sergeevic Puskin, poeta, saggista, scrittore e drammaturgo, considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea.

Puskin nasce a Mosca il 6 giugno 1799 da un maggiore in congedo discendente di un’antichissima famiglia aristocratica russa e da Nadezda Gannibal, cui Puskin dedicherà l’incompiuto romanzo storico Il negro di Pietro il Grande.

Viene educato dalla nonna materna, dallo zio letterato Vasilij L’vovic e dalla balia Arina Rodionovna, che accende la sua fantasia con le antiche favole popolari.

Dopo aver completato gli studi, nel 1817 Puskin diventa funzionario del ministero degli Esteri. A San Pietroburgo, dove risiede in quegli anni, conduce una vita all’insegna dei piaceri, primo fra tutti quello per le donne.

Attratto dalle idee libertarie dei decabristi, che vogliono riformare lo Stato in senso borghese-costituzionale, comincia a scrivere poesie serie e satiriche: ma al regime non piacciono gli epigrammi contro lo zar Alessandro I, e il poeta è obbligato ad assumere un incarico governativo  nella lontana Ekaterinoslav.

Durante questi due anni  di confino scrive Il prigioniero del Caucaso e una serie di liriche e poemetti in stile byroniano, oltre ai primi tre canti dell’Evgenij Onegin.

Nel 1823 viene trasferito a Odessa alle dipendenze del conte K.V.Voroncov, che lo denuncia per attività sovversiva alla polizia, geloso della corte che il poeta fa alla moglie Elisabetta.

Puskin finisce quindi in esilio presso Pskov, nella tenuta materna di Michajlovskoe, dove rimane fino al 1826.  In quell’anno, infatti,  lo zar Nicola I, dopo aver represso il movimento decabrista, decide di annullare il provvedimento di confino.

Nel 1825 termina la stesura del Boris Godunov, de Il conte Nulin, e di diverse poesie. Nel settembre 1826 Puskin ottiene dallo zar un “perdono” per i suoi trascorsi che risulterà rovinoso: il poeta finirà infatti per vestire i panni per lui insopportabili del cortigiano.

Tornato a San Pietroburgo, nell’autunno del 1830 conclude il romanzo in versi Eugenij Onegin, che viene accolto da un incredibile entusiasmo: scrive altre importanti opere, come Il cavaliere avaro, Il convitato di pietra, Il festino durante la peste, Mozart e Salieri, Le novelle di Belkin.

Il 18 febbraio 1831 sposa la bellissima Natal’ja Nokolaevna Goncarova, cominciando a frequentare la società di corte e gli eventi mondani, ma si riempie di debiti.

Natal’ja viene notata dallo zar Nicola I che, nel 1834, per assicurarsene la presenza  a corte, nomina Puskin
Kamer – junker, cioè “gentiluomo di camera” o “paggio”, titolo imbarazzante per il grande poeta.

In questi anni scrive  Il cavaliere di bronzo, La dama di picche e La figlia del capitano. Nel 1836 vara la rivista                       ” Sovremennik” (Il  contemporaneo).

Nel 1837, in seguito a una lettera anonima che insinua l’infedeltà della moglie, dopo aver insultato il conte Van Heeckeren, ambasciatore  del regno dei Paesi Bassi e padre adottivo del presunto amante  di lei – il barone francese George d’Anthès- , Puskin viene sfidato a duello da quest’ultimo.

Fissato per le quattro  del pomeriggio dell’8 febbraio 1837, il duello si svolge alla Cernaja Recka di San Pietroburgo.

Puskin  rimane ferito all’addome.

Il barone invece si salva grazie a un bottone che para il colpo.

Puskin muore due giorni dopo per complicanze settiche della ferita, ad appena trentotto anni.

A domani

LL

Testo di lettura:

tratto da Poesia, vite di poeti
scritto da Paolo Galvagni
Editore Fondazione Poesia Onlus