Roma 4 aprile 2013
Il Costanzo e il Tansillo vanno formando una nuova tendenza, a metà Cinquecento, rompendo l’ordine dell’esemplare autobiografia platonizzante, e il Tasso con consapevolezza pratica rifiuta il petrarchismo non più perseguibile come un modello uguale e continuo per ogni autore, ciò significa che il linguaggio usato non scompare del tutto ma viene diffuso prendendo le distanze come solo stile utile.
La lunga tradizione del teatro pastorale, conclusasi in due opere affini ed entrambe tipiche e stimolanti, l’Aminta e il Pastor fido, e il diffondersi contemporaneo dei versi per musica entrano non solo direttamente, ma anche indirettamente nella poesia.
La lirica del Seicento non si muove perciò dal Petrarca o dai petrarchisti , ma dalla mediazione del Tasso e della pastorale.
Alcuni scrittori, invece, convergono nella linea di svolgimento indipendente del Marino, come per esempio Cesare Rinaldi. L’impeto del suo sonetto che si muove verso una conclusione più che non verso un culmine ingegnoso e improvviso lo trattiene al di fuori di una vera e propria scelta concettistica .
Altro esempio è Guido Casoni che con la sua opera “Il teatro poetico” merita le lodi dal Marino. La sua poesia sfrutta, per ottenere effetti musicali, il congegnato intreccio delle antitesi che si svolgono una dall’altra e giustificano e animano il ritmo enumerativo.
Il Marino interviene con la sua soluzione personale per incalzare e risolvere in una forma di sapiente e fluida letteratura quelle che sono le istanze di una cultura che raffina su se stessa, che moltiplica le forme, fiera di una tecnica che si trova in essa e si manifesta.
Tuttavia il legame che coinvolge il Tasso e il Marino porterà ad incontri benevoli instaurando rapporti artistico sociali costruttivi e positivi solo apparentemente.
A domani
LL