Roma 7 febbraio 2013
Il manifesto della nuova poesia
Negli anni 80 del XIII secolo si verificò nel genere lirico una svolta, destinata a caratterizzare un nuovo percorso poetico presente in tutta la produzione letteraria del secolo successivo e a diventare un punto constante nella storia della letteratura italiana. L’elaborazione delle nuove forme liriche, nel corso del Duecento, era avvenuta sull’onda della crescente cultura retorica proveniente dai centri universitari. La diffusione della lirica in lingua d’ oc nelle corti e nei centri cittadini dell’Italia del secolo XIII si era incontrata con lo sforzo da parti d’intellettuali formatisi alla scuola laica , di dare alla società feudale e borghese una poesia in volgare italico. Tale sforzo aveva puntato ad arricchire le forme per adeguarle ad un livello colto di scrittura, che potesse reggere il confronto con la contemporanea produzione latina di scuola, divenuta così preziosa nella forma e così densa di significati e riferimenti dottrinali.
I protagonisti di questa svolta sono uomini della medesima classe sociale e della medesima formazione intellettuale di chi aveva promosso nella Magna Curia e poi in Toscana la lirica cortese e moraleggiante. Giuristi come Guido Guinizzelli, Lapo Gianni, Cino da Pistoia, educati alle scuole dei religiosi come Guido Cavalcanti e Dante Alighieri.
Quel che distingue ulteriormente la nuova generazione di poeti dalle precedenti è invece, soprattutto, una sensibilità diversa, aristocratica e raffinata, nella ricerca di un linguaggio poetico sceltissimo, non tanto artificiosamente manierato, quanto conveniente ad una tematica esclusivamente amorosa, arricchita di elementi spirituali e speculativi. Questa sensibilità diversa, questo gusto diverso della poesia furono avvertiti e denunciati come sottigliezza, cavillosità, come intellettualismo, e perciò come oscurità di espressione, dai poeti della generazione formatisi alla scuola guittoniana; queste reazioni possono cogliersi in un famoso sonetto che Bonaggiunta Orbicciani da Lucca rivolse a Guido Guinizzelli, il poeta bolognese al quale si attribuisce l’inizio del nuovo stile, per rimproverarlo di aver mutato la maniera, lo stile, ma di non essere riuscito a superare l’astro splendente di Guittone.
La risposta del Guinizzelli non rivela l’elaborazione di una nuova concezione della poesia ma si difende cercando di nascondere il suo vero pensiero per evitare che esso venga frainteso, “date le varie capacità intellettuali degli uomini”. infatti, Egli, prediligeva l’analisi psicologica accanto alla contemplazione estatica, inseguendo la ricerca di un tono medio, modulato dolcemente, che costituirà il modello della nuova generazione di poeti toscani, senza dimostrare di aver definito in sé una vera e propria poetica nuova, di fondare cioè sopra una convinzione teorica la sua scelta di stile. Eppure lo sviluppo che ha in lui la lode iperbolica della donna, vista rispecchiarsi nella bellezza della natura, introduce un elemento di oscuro e ambiguo misticismo, di intellettuale aristocraticità, che allontana le sue rime dalla specifica tradizione cortese.
La canzone di Guido Guinizzelli, assunta poi a manifesto della nuova poesia, Al cor gentile rempaira sempre Amore, ebbe un effetto propulsivo ben superiore ai suoi propositi innovativi.
A domani
LL